È una storia molto comune, soprattutto nella prima grande migrazione italiana in Australia degli anni ’50: bimbi che con la famiglia lasciano tutto per rifarsi una vita Down Under, in molti casi crescendo australiani ricordandosi poco della vita precedente, perdendo la lingua e creandosi una nuova identità.
Michele Zanin invece ha fatto il percorso inverso. Nato nel 1961 a Sydney, ultimo di cinque figli nati da una coppia arrivata in Australia nel dopoguerra, a meno di due anni si è trovato su una nave, destinazione Marghera.
“Io conosco l’Australia per le descrizioni dei miei fratelli più grandi”
L’Australia per Michele crescendo non è stata nemmeno un ricordo, non è rimasto nella sua mente nessun dettaglio, nè la sua casa nè il viaggio di ritorno di più di un mese in nave.
Ma l’Australia è sempre stata con lui, tramite i racconti dei fratelli. Il più grande aveva 12 anni quando i genitori di Michele decisero di ritornare in Italia dopo 13 anni d’Australia, e grazie a lui sono stati trasmessi i racconti della vita nell’altro emisfero.
“I miei ricordi sono le fotografie in bianco e nero di mio padre”
La tentazione di ritornare da studente era sempre presente, poi la vita ha preso il suo corso. Sposato con Flavia e con due figli da crescere, il sogno australiano è rimasto nel cassetto per decenni.
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Ma se la decisione di lasciare l’Australia è stata dei genitori, quella di ritornare è stata dei figli, Martina e Simone. Grazie al passaporto australiano, entrambi hanno deciso l’anno scorso di fare quello che il papà aveva sempre desiderato, lasciare Marghera e andare a Sydney per studiare.
“Faccio fatica a capire come possa una persona andare via dall’Australia e desiderare di tornare in Italia”
Con i figli in Australia, anche per Michele è arrivato il momento di confrontarsi, dopo 55 anni, con il paese che gli ha dato i natali.
La sua visita, scrive poi a Radio SBS, è stata agrodolce. “Queste tre settimane in giro per l’Australia”- ci racconta una volta tornato in Italia- “sono state tre settimane di pugnalate al cuore, ancora non riesco a capire come si possa ‘barattare’ Sydney con Marghera.”
Il padre, un uomo dalla religiosità molto spinta, ha quasi sempre vissuto vicino a chiese. “Nel periodo di Homebush”- scrive Michele – “i miei vivevano nella canonica dietro la chiesa, e mia madre faceva da badante a quattro vecchi sacerdoti salesiani, quando è rimasta incinta di me (il quinto) non ci stavano più e si sono trasferiti a Lalor Park”.
“Dopo tre anni mio padre ha insistito per tornare in Italia, mia madre ed i miei zii erano contrari ma non c’è stato modo di convincerlo a rimanere”.
Una partenza affrettata, il padre di Michele non si premurò nemmeno di vendere i mobili di casa, limitandosi a riempire due bauli di libri religiosi da riportare in Italia.
“Quello che non ha fatto mio padre”- conclude Michele – “spero di averlo fatto io, offrendo delle concrete opportunità ai miei figli, aiutandoli a prendere delle decisioni importanti e sostenendoli in seguito.”
55 anni più tardi, Michele Zanin è ritornato in Australia, per conoscerla e vedere come sarebbe potuta essere la sua vita.
“Ma ritornerò di sicuro”, si congeda dagli studi di Radio SBS, guardando i figli che vivono il suo sogno.




