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Il 21 febbraio si celebra Mother's Language Day, una giornata internazionale indetta dall'Unesco per promuovere il rispetto della diversità linguistica e culturale nel mondo.
La data scelta commemora il 21 febbraio 1952, giorno in cui alcuni studenti furoni uccisi dalla polizia a Dacca, la capitale dell’attuale Bangladesh, mentre manifestavano per il riconoscimento della loro lingua, il bengalese, come una delle due lingue nazionali dell’allora Pakistan.
Il tema scelto per il 2020 è "Languages without borders", lingue senza confini, per mettere l'accento sull'importanza del multilinguismo.
Al di là degli aspetti prettamente lessicali, ogni lingua racchiude i semi culturali della cultura nella quale si è evoluta. Le frasi idiomatiche, o modi di dire, sono proprio quelle espressioni, tipiche di ogni lingua, che contengono un significato specifico e la cui traduzione letterale non ha senso logico.
In norvegese, ad esempio, si usa l’espressione "avanzare scivolando su un panino di gamberetti" per indicare chi ha una vita facile, in francese si dice "quando i polli hanno i denti" per indicare qualcosa che non succederà mai e in arabo "rompere il digiuno con una cipolla" sta a intendere quando si è ottenuto meno di quanto ci si aspettasse dopo un’impresa faticosa.
L’inglese "As cool as a cucumber" (fresco come un cocomero) non fa certo intuire, se tradotto in italiano, il proprio significato originale ovvero l'esere calmi e rilassati.
Ma in quanto a modi di dire, l'italiano non è secondo a nessuno. "Non avere peli sulla lingua" risulta intraducibile in inglese. In olandese, per indicare una persona decisa e determinata si usa dire che non "ha capelli sui denti", con un significato ben diverso dell'espessione italiana.
Per non parlare poi dei modi di dire in dialetto, per cui si apre un "vaso di pandora".
Abbiamo parlato del valore dei modi di dire nella lingua italiana, di come si evolvono e della ricchezza culturale che rappresentano con i nostri ascoltatori e le nostre ascoltatrici, insime a Gregoria Manzin, docente di Italianistica presso La Trobe University di Melbourne, e John Hajek, professore di linguistica presso la Melbourne University.