Gli australiani sono noti per il loro uso dell'inglese parlato. Molte parole, come brekkie (colazione), arvo (pomeriggio), pressie (regalo), eccetera, sono state accorciate e semplificate. E ciò può spesso lasciare perplessi i turisti e i nuovi migranti.
Ma anche gli stessi migranti, giunti qui negli anni ‘50 e ‘60 spesso con una conoscenza minima o addirittura nulla della lingua inglese, hanno contribuito al vocabolario dell’inglese australiano. Qualche esempio italiano? Al dente, al fresco, prosciutto, bruschetta (okay, ammettiamolo: ci ribolle il sangue quando è pronunciata ‘brusheta)’, barista, cappuccino, macchiato, focaccia (in questo caso spesso vince lo spelling foccacia), gelato, tiramisù.
Ma non si tratta solo di termini legati al cibo. Molti australiani dicono ‘ciao’ (ma solo come saluto finale) e nel linguaggio giornalistico e letterario esistono imbroglio (nel senso di pasticcio/confusione) e vendetta.
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Il fenomeno non è assolutamente legato solo alla lingua italiana. Oggi ad esempio (per motivi più politici che alimentari) tutti in Australia sanno che la parola araba halal si riferisce a una certificazione usata in alcuni paesi musulmani per definire il cibo ‘pulito’.
Ma in questo paese sono nati anche decine di nuovi linguaggi ibridi: nel caso dell’italiano, un miscuglio della nostra lingua e di inglese Aussie, spesso un adattamento alla fonetica italiana di parole inglesi o un’aggiunta di una vocale alla fine del termine inglese. Chi vive in Australia da qualche anno si sarà già imbattuto in decine di queste parole. Franko Leoni, docente all’Università di Armidale (NSW), scomparso da qualche anno, ha anche dedicato un libro al fenomeno: Vocabolario Australitaliano, CIS Publishers, 1991.
“Durante il boom migratorio dall'Italia all'Australia, iniziato nei primi anni '50, un gran numero di migranti italiani venne per la prima volta in contatto con la società australiana. Una delle principali conseguenze per i migranti italiani era scegliere se continuare a parlare la loro lingua o rinunciarvi a favore dell'inglese. L’australitaliano si è sviluppato a causa di una conoscenza imperfetta sia dell'italiano sia dell'inglese, e per la necessità di spiegare agli interlocutori italofoni parole nuove, o mai usate in Italia. O per la semplice convenienza di lasciare invariata la parola inglese con l’aggiunta di una vocale o di una desinenza italiana.”
Qualche esempio classico: la fensa (da fence = il recinto, la steccionata); il carro (da car = la macchina); parcare (da park = parcheggiare), da cui discende la nota frase: ho parcato il carro davanti alla fensa. Quando si chiede ad un italoaustraliano di una certa età: come stai? La risposta spesso è: nobbè (da not bad = non male), eniué non mi lamento (da anyway = comunque). Molti italoaustraliani di prima generazione usano termini inglesi anche quando esiste la traduzione esatta italiana, ad esempio kangaroo, invece di canguro, job per lavoro, yeah per sì, eccetera. Ci sono poi le traduzioni arbitrarie perché simili a parole italiane: marchetta per market (mercato), fattoria per factory (fabbrica), farma per farm (fattoria), barista per barrister (avvocato), sanduìcci per sandwich (panino).