Sta vincendo l'Europa sul Mondo e lo spogliatoio sul talento individuale. E Ronaldo...

Non c’è mai stato probabilmente un Mondiale così ricco di sorprese e, allo stesso tempo di conferme. Il commento di Filippo Grassia, giornalista sportivo e autore della moviola alla radio.

Croatian Players celebrating victory during World Cup Russia 2018

Croatian Players celebrating victory during World Cup Russia 2018 Source: Image Credit - Getty Image/ Koji Watanabe

L’Europa, più di sempre, comanda la gerarchia con 4 semifinaliste, evento accaduto solo in 4 occasioni, e addirittura 6 squadre fra le prime 8. Cancellata l’Africa, al diavolo anche le sudamericane, per la quarta volta consecutiva una nazionale del Vecchio Continente si aggiudicherà la Coppa.

L’Italia non ha neppure staccato il passaporto, la Spagna è uscita e così le Germania. Il pronostico parla d’una finale fra Francia e Inghilterra. Ma sarà proprio così? Il Belgio, dopo aver eliminato in rimonta il Giappone e d’autorità il Brasile, non s’immolerà certamente sull’altare dei transalpini, i più giovani del lotto, eppure per nulla inesperti. E Deschamps, in sintonia con un valore etico per nulla comune da altre parti, va all’attacco del titolo iridato a vent’anni di distanza dal primo e ultimo, senza Benzema.

Cosa sarebbe la Francia con il campione del Real Madrid? Sicuramente più competitiva in fase d’attacco, ma forse meno coesa nello spogliatoio. E il gruppo sta rappresentando il valore aggiunto di questa competizione in cui i solisti non hanno fatto la differenza. In caso contrario Messi, Ronaldo e Lewandoski avrebbero portato più avanti le loro nazionali. Ci sarà anche un motivo se la Svezia ha fatto a meno di Ibrahimovic.

C’è poi da chiedersi se i talentuosi croati, incredibilmente sciuponi davanti alla porta avversaria, lasceranno via libera gli inglesi. Sul piano tecnico non c’è gap. Negli ottavi e nei quarti, Mandzukic e compagni, di cui molti italiani, hanno svoltato grazie ai rigori. In semifinale non potranno permettersi tanti lussi. E’ il limite dei nostri vicini di casa che non hanno uno stoccatore vero e proprio.
Si ricava quindi una facile verità, e cioè che le quattro nazionali hanno possibilità di arrivare fino in fondo, nessuna esclusa, al di là della storia calcistica che non sempre rispecchia la realtà perchè si riflette troppo sul passato.
Il percorso di Francia e Inghilterra si somiglia perchè le rispettive federazioni hanno investito sui vivai. Se Deschamps non ha avuto remore a dare spazio ai giovani come Mbappè, il dirimpettaio Southgate ha avuto il merito di lavorare su tutti i fronti permettendo alle nazionali di categoria, segnatamente le Under 17 e 20, di scalare il mondo e a quella maggiore di far sognare il paese uscito dall’Europa e bisognoso di certezze.

Diverso il discorso sul Belgio che è in serie positiva da 24 partite (19 vittorie, 5 pareggi) e finirà probabilmente in testa al ranking Fifa: da tempo gli uomini del ct spagnolo Martinez giocano un buon calcio, ma solo in Russia hanno capito di essere in grado di battersi con qualsiasi rivale dopo le delusioni patite nelle ultime edizioni di Europeo e Mondiale. Una maturazione tanto graduale quanto inesorabile.

A sua volta Dalic, il selezionatore croato, ha lavorato sulla testa più che sulle gambe dei suoi giocatori per far capire loro l’importanza di sacrificare l’io interiore con l’obbiettivo di esaltare il collettivo.

Ho sentito e letto che l’Italia avrebbe fatto buona figura, l’ha detto perfino Mancini, fin troppo generoso con il predecessore Ventura che tanto ha sbagliato nel corso della sua agonica esperienza. Penso che sarebbe stata dura fare strada per gli azzurri, anche se schierati in modo più equilibrato e meno avventuroso dal nuovo ct.
I valori non mutano da un mese all’altro. C’è molto da lavorare. E il commissariamento della Federcalcio non ha portato finora risultati eclatanti.
Bisogna chiedersi anche perchè Brasile e Argentina hanno fallito di brutto l’ennesima prova iridata. Se Sampaoli ha gettato al vento risorse straordinarie, Tite ha europeizzato la Seleçao senza ricavarne granchè per la mancanza di campionissimi. Neymar non vale Ronaldo, Rivaldo e compagnia cantando. C’è una ragione profonda alla base di questo duplice fallimento, più socio-economica che sportiva. I migliori 200 giocatori di entrambi i paesi giocano all’estero, per cui è facile mettersi in evidenza nei campionati nazionali che sanno molto di Serie B e non esprimono un grande calcio. Il fenomeno appare irreversibile. Se poi le mamme di laggiù partoriscono solo giocatori medi, la frittata è fatta.

Sulle prime pagine di tutti i media, il “dominus” è Ronaldo. O meglio il suo possibile trasferimento alla Juventus che avrà sicuramente instaurato collegamenti speciali con 4-5 sponsor per portare a casa CR7. Un’operazione da 400 milioni in 4 anni. E nel 2022 il ragazzo avrà 37 anni. Mi chiedo se Agnelli e Marotta hanno pensato alla dicotomia che potrebbe sorgere nello spogliatoio fra un campione da 30 milioni netti all’anno e il resto della truppa che guadagna benissimo, ma non arriva neanche a un quinto dello stipendio riservato al portoghese.

Il pallone è fatto di equilibri, non solo di soldi.

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By Filippo Grassia, Stefano Grassia

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