Il successo in finale, fra l’altro, è stato impreziosito dalle firme prestigiose di Griezmann, implacabile dal dischetto, Pogba e Mbappè. Una “griffe” fantastica. Con l’ex juventino e il gioiello del Paris Saint Germain che al momento si spartiscono i voti del Pallone d’Oro.
Fuori gioco Messi, copia carbone di se stesso in Russia, l’intruso potrebbe rispondere per l’ennesima volta al nome di Ronaldo che ha vinto la Champions League, ma non è stato in grado di portare avanti il suo Portogallo o a quello di Modric premiato come miglior giocatore del Mondiale. Ne riparleremo a tempo debito.
Qui la vetrina spetta di diritto alla nazionale transalpina che, a differenza di quella croata, assolutamente autoctona, vanta tantissimo sangue africano in 14 dei suoi interpreti, originari di 9 paesi differenti di quel continente.
Fra gli altri proprio Pogba e Mbappè. E’ il retaggio di quel colonialismo che ha portato la Francia a governare tanta parte dell’Africa e poi a divenirne un punto di riferimento.
Chissà che questa straordinaria realtà, per molti versi simile a quanto accade nel calcio tedesco, allenti la presa dei movimenti radicali islamici. Di sicuro regalerà consensi infiniti al premier Macron così come sta accadendo in Russia a Putin per la perfetta organizzazione del Mondiale e il buon percorso della nazionale di casa.
Da sempre gli allori sportivi non sono mai fini a se stessi, ma influiscono sui poteri forti di chi ne gode i vantaggi: basti ricordare la vittoria dell’Italia al tempo di Mussolini, le Olimpiadi svoltesi nella Berlino hitleriana, l’affermazione dell’Argentina voluta fortissimamente dal regime di Videla.
Poca conta che un autogol di Mandzukic abbia spianato la strada ai nostri cugini, sotto di un gol soltanto per 9’ con l’Argentina. Deschamps ha compiuto un piccolo grande miracolo costruendo una squadra formidabile dopo le sconfitte dal 2002 in poi e l’ammutinamento all’ex ct Domenech.
Per la cronaca l’ex juventino è uno dei tre allenatori che con il brasiliano Zagalo e il tedesco Beckenbauer hanno vinto la Coppa del Mondo anche da giocatore. A suo favore tre fattori: innanzi tutto ha ringiovanito la nazionale puntando su talenti ancora in fieri come Mbappè, poi ha lasciato a casa Benzema finito in un intrigo poco edificante, infine ha spartito titolari e riserve con sole 2-3 alternative all’undici di partenza.

France celebrates the 2018 FIFA World Cup Russia Final's victory Source: Fred Lee/Getty Images
Ne è scaturita una nazionale forte tecnicamente e fisicamente, tosta in difesa con Umtiti e Varane, strepitosa a centrocampo (Pogba, Matuidi, Kantè), inarrestabile in attacco. Al suo attivo 14 reti di cui 11 nelle partite a eliminazione diretta, di cui un poker ad Argentina e appunto Croazia.
Era dai tempi di Inghilterra-Germania, finita 4-2 per gli inglesi nel 1966, ma ai tempi supplementari, che non si assisteva a una goleada di questo tipo.
In sovrappiù, particolare importante, ha vendicato l’inopinata sconfitta nell’ultima edizione dell’Europeo.
Proprio per la giovane età, si può ipotizzare che questa Francia farà grandi cose nelle prossime edizioni di Europeo e Mondiale. A differenza invece della Croazia, più esperta e matura, che dovrà rinnovarsi in molti ruoli. Se la Spagna di Iniesta ha finito un ciclo, gli uomini di Deschamps ne stanno aprendo uno. E’ come se il Brasile si fosse trasferito in Europa vestendo la maglia dei “blues”, e il paragone non è per niente irrituale.
La Croazia ha giocato per un tempo alla pari dei rivali rimontando l’autorete di Mandzukic con un gran gol di Perisic, forse il più bello di tutta la manifestazione. Poi, dopo aver subito il giusto rigore, s’è resa pericolosa solo con una giocata dell’ex viola Rebic ed è uscita dalla partita.
Nel momento in cui s’è gettata in avanti, ha lasciato grandi spazi ai francesi. Evidente anche il gap fisico per il giorno in meno di riposo e i tre supplementari in più che valgono una partita. In questa nazionale c’era tanta Italia con 7 giocatori, compreso l’escluso Kalinic, che militano in Serie A e altri 4 che vi hanno giocato. Il nostro campionato, insomma, non è così scarso come si suole dire. E, con l’arrivo di Cristiano Ronaldo, oggi presentato a Torino, sarà spesso e volentieri sulle prime pagine di tutti i media cartacei e digitali.
Mancava l’Italia, ahinoi. E questo pensiero ha tormentato tutti noi tifosi degli azzurri. Auguriamoci che Mancini ricalchi il lavoro di Deschamps dando fiducia ai migliori giovani di casa nostra (Chiesa e Pellegrini su tutti) ed evitando di cambiare formazione e modulo a piè sospinto come ha fatto nelle prime amichevoli.
C’è bisogno di certezze e di prospettive, specie adesso che ci tocca applaudire il secondo titolo iridato della Francia. Partendo anche dal presupposto che lo spogliatoio viene prima di tutto: lo dimostrano le esclusioni di Benzema nei campioni del mondo, Kalinic nella Croazia a lavori in corso e Ibrahimovic nella Svezia.