Il primo atto del Mondiale, in svolgimento negli stupefacenti stadi russi, ha colpito duro Argentina, Germania e Brasile, la prima incapace di battere l’Islanda, la seconda superata dal Messico nella sua prima apparizione da campione in carica, la terza bloccata sul pari dalla Svizzera.
E i risultati rispondono pienamente a quanto s’è visto in campo. Anzi. La squadra di Sampaoli, cui riuscirà difficile rientrare in patria se non ribalterà la situazione, ha sbagliato un rigore con Messi e creato solo un’altra palla-gol.
A loro volta gli uomini di Loew hanno rischiato una lezione storica dimostrandosi impotenti di fronte ai contropiedi avversari, portati avanti in superiorità numerica. La Seleçao, infine, è rimasta invischiata in un fraseggio senza sbocchi. Per non parlare della Spagna salvatasi a stento dagli acuti di Cristiano Rolando che ha segnato una tripletta e s’è portato a casa il pallone.
In gol per il quarto mondiale consecutivo: in precedenza c’erano riusciti solo i tedeschi Seeler e Klose oltre a Sua Maestà Pelè.
Per Messi non poteva andare peggio. In poche ore ha perso il confronto live con CR7 e quello temporale con Maradona. Ora non può sbagliare più nulla se vuole stare alla pari con il portoghese e rincorrere il mito di Dieguito, l’uno e l’altro usciti vittoriosi da questo scampolo di torneo.
Cristiano Ronaldo ha fatto quello che non riesce quasi mai a Messi con la casacca albiceleste, ovvero prendere in mano la nazionale nei momenti bui e indossare le vesti di leader. Il campione lusitano ha segnato su rigore, su azione e con una magia su punizione. Il rivale è finito nella ragnatela degli islandesi, quasi perdesse i poteri magici lontano dal Barcellona. Il quadro non è definito, ma è chiaro.
Da una parte c’è chi fa sfracelli indipendentemente da come giocano i compagni, dall’altra chi invece dipende in misura evidente dal collettivo.
E’ lo stesso spartiacque che da sempre divide i due argentini. Maradona portò una grande Argentina al successo nel 1986 in Messico e, evento ancora più straordinario, ne condusse in finale una ben più proletaria a Roma 1990. Dove l’arbitro, nell’atto decisivo con la Germania, negò un rigore netto ai sudamericani mentre ne diede uno più opinabile ai tedeschi. Solo lui poteva riuscire a tanto. Giusto per non smentirsi, in quel magico periodo fece del Napoli un club di livello internazionale. Peccato che uscì spesso sconfitto dalla sfida con la droga. Resta comunque un campione straordinario, alla pari di Pelè che non volle giocare in Europa, ma che vinse tre edizioni della Coppa del Mondo. Impossibile stilare una graduatoria oggettiva fra i due. Ciascuno di noi si tenga ben stretto il suo giudizio.
Più elementare il paragone fra Messi e Maradona, così uguali, così lontani. La Pulce ha fatto cose straordinarie con il Barcellona, mentre ha balbettato in nazionale, a differenza del mitico rivale, campione sempre e ovunque. “Datti una sveglia”, la scossa arrivatagli dai media. A breve la risposta.
Va aggiunto per onestà intellettuale che i passi falsi di Argentina, Germania, Brasile e Spagna sono riconducibili anche agli errori tattici dei quattro ct, accomunati da un modulo (4-2-3-1) che non è l’ideale per mantenere la supremazia a centrocampo, specie poi se la manovra si dipana a rilento e l’aspetto atletico diventa immanente.
Oddio. I responsi della prima giornata e/o della prima fase non sono mai esaustivi. L’Argentina raggiunse la finale nel 1990 dopo aver perso la gara d’esordio al Meazza con il Camerun rimasto in 9 e l’Italia pareggiò le prime 3 partite nel 1982 prima di arrivare al titolo iridato.
Ma qui in Russia stanno accadendo situazioni inverosimili.
L’ultimo esempio è arrivato nella serata di ieri sera da Rostov sul Don dove la Svizzera di Petkovic, che l’anno scorso rifiutò la panchina dell’Inter per restare alla guida della nazionale elvetica, ha messo nei guai il Brasile passato in vantaggio con un capolavoro di Coutinho e poi raggiunto grazie a una leggerezza di Miranda. Per inciso si tratta proprio di quel Coutinho ceduto dall’Inter a 16 milioni e pochi mesi fa arrivato alla cifra stratosferica di 120 milioni. La miopia non sempre è curabile. Ma qui c’è dell’altro.
La Seleçao è partita con il freno a mano, incapace di far male per l’assenza d’un centravanti vero e la scarsa vena di Neymar, e non ce l’ha fatta a vendicare gli strafalcioni dell’ultimo Mondiale organizzato in casa quando fu sconfitta di goleada dalla Germania in semifinale e poi sculacciata dall’Olanda nella finalità del terzo posto.
Dietro la lavagna finiscono proprio 4 favorite: Argentina, Germania, Spagna e Brasile. Tutto vero. Non è una barzelletta.