Uno gioca a basket nell’NBA, è stato tra degli artefici dell’anello vinto da Cleveland nel 2015 e ha trascinato i Boomers a due semifinali olimpiche consecutive. L’altro fa il tennista di belle speranze: il mese scorso si è laureato campione australiano under 16, ha conquistato il primo punto ATP e ha firmato il suo primo contratto con la Head, che gli fornisce cappellini, borse, grip e racchette. Le magliette e le scarpe, invece, se le compra da sé, per ora. Ieri ha debuttato negli Australian Open junior vincendo il suo match di primo turno. A spingerlo in alto non è lo spirito di emulazione nei confronti del cugino di secondo grado, ma la ricerca di un’identità tutta sua. Che oggi passa anche attraverso google.
"Ogni volta che cerco su internet il mio nome, esce fuori quello di mio cugino. Non ne posso più'!"
Il trait-d’union tra i due è Peter, padre del piccolo e cugino del padre del cestista. Proprio Peter è però anche il primo responsabile della separazione delle carriere dei due, visto che è stato lui - coach di professione - a portarlo al tennis. Dal padre, Delly ha preso la passione per questo sport e il rovescio ad una mano (“Thiem e Wawrinka dimostrano che anche oggi si può essere top 10 senza essere bimani”), oltre ovviamente ad un cognome che lui, a differenza degli australiani, pronuncia all'italiana, con l’accento sulla seconda E.
“Non ci siamo mai incontrati e a basket ho giocato mezz’ora in tutta la mia vita. Ma me ne interesso un po’ di più da quando lui è arrivato così in alto”
Di italiano Delly non sente di aver un granché, a parte i geni. “Preferisco un bel barbecue” sorride. Di Federer ha sempre amato lo stile, di Nadal quello che definisce 'lo spirito animalesco’.