Micaela Osella è la corrispondente da Milano della piattaforma globale di informazioni finanziarie Acuris, ed è esperta di economia legata al mondo del lusso.
Ha seguito da vicino l'acquisizione, annunciata la settimana scorsa, della casa di moda Gianni Versace che è diventata parte dalla multinazionale americana Michael Kors, con Donatella Versace e il fratello Sante che rimarranno nell'azienda, ma con un presenza minoritaria.
Ma quella che a molti è apparsa come una sorpresa – e non particolarmente positiva – per gli addetti ai lavori era una vendita annunciata, anche se ci si aspettava un diverso compratore, il colosso francese Kering. Ma le due parti non hanno trovato un accordo sul prezzo, che invece è stato trovato con Michael Kors.
E quindi Versace, da azienda italiana in procinto di diventare francese è diventata americana.

Model walks on the runway during the Versace Fashion show during Milan Fashion Week Spring Summer 2019 held in Milan, Italy on September 22, 2018. Source: SIPA USA
Secondo Micaela Osella, si tratta di un'operazione con una sua logica:
"La moda deve sempre più parlare dei codici universali e dato che Versace ha un bacino di consumatori forte negli Stati Uniti [...], sicuramente sotto l'ala di Michael Kors, con le aperture di negozi in tutta America, riuscirà a raggiungere un bacino più ampio"
Versace è solo l'ultimo marchio della moda e del lusso italiani a finire in mani straniere. Pensiamo a Gucci, uno dei brand controllati dal colosso francese Kering di François-Henri Pinault, che ha tra le sue fila, tra gli altri, Bottega Veneta.
O l'altro colosso francese, Moët Hennessy Louis Vuitton che ha anche acquisito Fendi, Bulgari e Pucci.
E altri marchi del "made in Italy" sembrano pronti a diventare "preda" di acquirenti non Italiani.

Details, accessories, handbags and shoes on the runway during the Gucci Fashion Show during Paris Fashion Week Spring Summer 2019 held in Paris, France, 2018. Source: SIPA USA
Ma si tratta di un male necessario per l'industria del lusso e della moda italiane, o di una vera e propria sconfitta per il bel paese?
Secondo Micaela Osella si tratta di un processo naturale che non va temuto, perché dovuto alla natura delle aziende italiane: "le grandi case di moda hanno bisogno di capitali per poter aprire negozi, affrontare spese di marketing, fare pubblicità, ingaggiare magari testimonial che richiamino una clientela internazionale".
"Non dico che sia un passo obbligato, ma aprirsi al mondo ha come suo pegno anche magari il fare un passo indietro da parte di chi ha fondato alcuni brand"
Negli ultimi dieci anni, in particolare, le aziende italiane, che sono per natura di dimensioni contenute, hanno avuto bisogno di capitali esterni per crescere internazionalmente e si sono aperte ad investitori e compratori stranieri che potevano fornire quei capitali.
Un esempio potrebbe essere Valentino, che si trova da tempo in mano a un fondo del Qatar.
D&G e gli altri: chi sarà il prossimo a diventare un "target"?

Luis Vuitton Source: Wikimedia
L'anno si è aperto con la vendita della maggioranza di Missoni a un fondo italiano, e sembra essere solo l'inizio.
"Questa febbre di M&A potrebbe toccare anche aziende più grandi dal punto di vista della dimensione. Una potrebbe essere Salvatore Ferragamo"
Ferragamo, cha ha cinquanta membri della famiglia all'interno dell'azienda – e quindi molte "teste" e molte idee diverse in campo – potrebbe essere una candidata alla vendita e ci sono voci di discussioni informali con un fondo di private equity.
Un altro brand potrebbe essere Roberto Cavalli, che è in mano a un fondo di private equity italiano, Clessidra – che per natura tende a vendere i suoi asset dopo un certo periodo di tempo – e tra gli addetti ai lavori si parla di una possibile vendita dell'azienda già dall'anno prossimo.
E alcune voci parlano anche di Dolce & Gabbana, azienda sana e in crescita, che sull'onda della vendita di Versace potrebbe diventare un obiettivo di compratori internazionali. L'azienda ha recentemente affiancato ai fondatori un nuovo amministratore delegato per una possibile quotazione in borsa, ma si vocifera che qualcosa di diverso possa succedere.
Ma perché l'Italia non ha colossi della moda come la Francia e gli USA?
Secondo Micaela Osella ci sarebbe una cultura aziendale italiana molto individualista:
"le aziende italiane sono un po' tutte prime donne"
Per questo motivo molti brand italiani hanno un DNA molto forte e riconoscibile e a differenza dei brand francesi, che riescono a condividere sotto un unico cappello, appare difficile che quelli italiani si possano unire in una sorta di mega-azienda "Moda SpA". Ci aveva provato Luca Cordero di Montezemolo in passato, ma senza successo.
Le aziende italiane in realtà a volte riescono ad essere degli acquirenti nel mondo della finanza. Ermenegildo Zegna è riuscito recentemente a completare un'acquisizione estera. Ma secondo Micaela Osella, le aziende Italiane potrebbero fare acquisti per diversificare o per mettere un piede all'esterpo in qualche mercato strategico, ma dipende dalla loro capacità finanziaria per fare queste acquisizioni senza doversi rivolgere all'esterno per trovare i capitali.

Milan Stock Exchange square with the controversial statue by Maurizio Cattelan, Milan, Italy. Source: Getty Images Europe
Le uniche due aziende italiane grandi abbastanza per fare acquisizioni da sole sono Salvatore Ferragamo e Dolce & Gabbana.
E anche un'azienda forte come Tod's, della famiglia Della Valle, potrebbe aver bisogno di capitali freschi per crescere.