E se vi dicessimo che moltissimi musulmani australiani sono i discendenti di persone arrivate cinque generazioni fa e non immigrati arrivati di recente? O che i musulmani hanno viaggiato e si sono stabiliti in Australia prima della sua "scoperta" da parte degli esploratori europei?
Dopo i tragici fatti di Bourke Street e il piano di attacco terroristico recentemente sgominato a Melbourne, il dibattito politico sulle comunità musulmane è diventato centrale in Australia. Un dibattito che, secondo alcuni esperti contattati da SBS Italian, mette in discussione la relazione tra percezione e realtà.
E mentre una serie di attacchi islamofobici sono stati segnalati nelle ultime settimane, alcuni sondaggi di opinione hanno fotografato alcune istantanee di quella che sarebbe la percezione che gli australiani hanno del mondo musulmano nel loro paese.
Secondo un recente sondaggio Fairfax-IPSOS, circa il 46% degli australiani vorrebbe limitare l'ingresso di migranti musulmani nel paese. E un altro sondaggio IPSOS mostra che gli australiani credono che la presenza musulmana in Australia sia nove volte più grande di quella che è nella realtà.
Ma di quali musulmani stiamo parlando?
"Ogni volta che leggo questi sondaggi mi pongo la domanda 'ma di quali musulmani stanno parlando?'" ha dichiarato a SBS Italian la Professoressa Lucia Sorbera, che dirige il Dipartimento di studi arabi all'Università di Sydney.
Secondo la Professoressa Sorbera, ogni volta che si verifica un attacco definito come legato al terrorismo o una crisi internazionale, i riflettori vengono puntati sulle minoranze e in particolare sulle comunità musulmane.
E le percezioni da parte del pubblico sono influenzate dal modo in cui viene portata avanti la narrativa su Medio Oriente, arabi islamici e musulmani. È un racconto episodico e principalmente focalizzato su eventi di crisi e generalizzazioni, sostiene Lucia Sorbera.
Infatti, mentre l'Islam è percepito come un mondo monolitico, è in realtà un universo variegato e sfaccettato, fatto di una costellazione di diversi gruppi, comunità e approcci individuali e personali.
"Anche all’interno di stessi paesi, ma anche - attraverso la mia esperienza - all’interno delle stesse famiglie vi sono musulmani praticanti, musulmani non praticanti, musulmani laici che non vivono la religione come la dimensione dominante della loro vita quotidiana. Direi anzi che questi ultimi sono la maggioranza ormai".
La descrizione dell'Islam fatta dalla Professoressa Sorbera sembra quasi rispecchiare quella che si potrebbe utilizzare nel descrivere le comunità di fede cristiana nei paesi occidentali come l'Australia.
Le donne musulmane sono il bersaglio di atti di "odio"
Secondo la professoressa Sorbera, il problema della percezione del mondo musulmano nascerebbe da un discorso pubblico che si basa sull'ignoranza e il pregiudizio, rafforzando così gli atteggiamenti islamofobici, che a loro volta possono causare gravi conseguenze per gli individui e i gruppi più deboli all'interno della società.
Secondo i dati contenuti in un rapporto del 2015 realizzato dall'Australian Human Rights Commission, le donne sono i bersagli più comuni degli attacchi islamofobi.
"Le donne tendono ad essere più facilmente identificabili a causa degli abiti religiosi che indossano, come per esempio il foulard", sostiene Lucia Sorbera. "In un clima islamofobo, diventano gli obiettivi più facili; in questo senso, gli uomini musulmani tendono ad essere meno facilmente identificabili".
Ma davvero i musulmani sono più inclini a commettere violenze? Alcuni nella nostra società sembrano credere che altri contesti religiosi o politici non ispirino violenza nel modo in cui l'Islam sembrerebbe fare.
Secondo Lucia Sorbera è ancora una volta una questione di percezione.
"Sono appena tornata dagli Stati Uniti dove nelle scorsa settimana due stragi, una delle quali in un bar pieno di studenti universitari, sono state effettuate da uomini bianchi con armi da fuoco."
Secondo la Professoressa Sorbera, la questione di fondo è una la narrativa allarmistica che circonda l'Islam.
"Gli attacchi cosiddetti terroristici vengono effettuati a livello globale da individui musulmani e non musulmani, sia maschi che femmine. Il problema è che quando una persona musulmana ne è responsabile, la narrativa dell'attacco è centrata esclusivamente sulla sua affiliazione religiosa e questo origina una percezione negativa da parte della popolazione", sostiene Lucia Sorbera.
Hollywood e libri di scuola: una storia parziale
Questa percezione di una relazione tra Islam e terrorismo ha una lunga storia e, nelle sue forme attuali, va ricollegata all'industria cinematografica degli anni '70, secondo Lucia Sorbera.
Recenti studi come Reel Bad Arabs di Jack Shaheen sostengono che Hollywood costruì un mercato di nicchia sulla raffigurazione spettacolarizzata del terrorismo islamico nelle pellicole, dando così alla conversazione intorno all'Islamtoni allarmistici.
E secondo la Professoressa Sorbera dovremmo anche guardare al modo in cui l'Islam è raffigurato nei libri di scuola australiani.
"A scuola non viene mai menzionato il fatto che i contatti tra gli indigeni australiani e le popolazioni musulmane esistevano molto prima dell'arrivo degli europei in Australia",
"Prima del 1788 esistevano già rotte commerciali che collegavano l'Asia del Sud-Est con l'Australia, e ci sono esempi documentati di individui musulmani che si stabilirono in Australia e si sposarono all'interno di famiglie aborigene, prima ancora della colonizzazione britannica".
Secondo Lucia Sorbera, un altro malinteso è che i musulmani in Australia siano per lo più migranti.
"La maggior parte dei musulmani australiani non sono migranti poiché la maggior parte degli arrivi di migranti musulmani si è verificata nell'Ottocento", afferma. "Pertanto la maggior parte dei membri delle comunità musulmane australiane sono australiani di quinta generazione con un background familiare proveniente dall'estero".
L'Australia è migliore degli altri ma tutt'altro che perfetta
Matteo Vergani, docente alla Deakin University ed esperto di terrorismo internazionale, ha dichiarato ai microfoni di SBS Italian che i cosiddetti "hate crimes", i crimini a sfondo razziale o basati su forme di odio, possono essere alimentati dalla retorica usata dei leader politici;
"Commenti come quelli recentemente fatti da politici australiani, che incoraggiano i leader delle comunità musulmane ad assumere maggiori responsabilità nella lotta alla radicalizzazione, possono contribuire negativamente al clima nel paese", dice, citando alcuni recenti attacchi nei confronti di persone identificate come musulmane.
Tuttavia, Matteo Vergani crede che in Australia la situazione sia migliore che altrove, osservando che "i leader politici australiani tendono ad essere più responsabili di altri leader mondiali in questo senso".
L'integrazione delle comunità minoritarie in Australia sarebbe migliore che in molti altri paesi, ma non la si può definire perfetta, afferma Vergani, che ritiene che ci siano ulteriori modi per affrontare i rischi di radicalizzazione all'interno dei gruppi minoritari.
"Un modo per prevenire atti violenti nelle comunità considerate a rischio potrebbe essere quello di concentrarsi sulla fornitura di servizi sociali e supporto psicologico a gruppi e individui a rischio all'interno di quelle comunità".