In principio fu la carta igienica, scomparsa dagli scaffali dei supermercati down under quando le prime misure del governo per far fronte alla pandemia di coronavirus erano ancora in fase di studio. Quindi, una volta scampato il rischio di ritrovarsi con la biancheria sudicia, gli australiani hanno dirottato altrove le proprie preoccupazioni. E se gli italiani si sono buttati sul lievito e hanno cominciato a infornare torte al cardamomo come se non ci fosse un domani, agli antipodi gli articoli che sono andati a ruba nei negozi sono stati quelli a base di alcol.
Nella settimana che ha preceduto il cosiddetto stage 3 del lockdown, le vendite di birra, vino e superalcolici sono aumentate in tutto il Paese del 20.4% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. E dire che anche in passato non è che gli australiani si contenessero. Anzi, secondo il rapporto 2016 dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, quelli in età adulta consumano in media 12.5 litri di alcol all'anno, un dato che pone i maschi australiani al secondo posto del mondo dietro i cechi. La corsa al luppolo in vista dalla possibile quarantena potrebbe insomma essere almeno in parte spiegata dalla certezza che il divieto di assembramento avrebbe portato alla chisura dei locali, ma le cifre rivelano che il calo del giro di affari dei pub (assestato nello stesso periodo attorno al 6%) non sia paragonabile all’aumento delle vendite di birra, vino e compagnia bella, cresciute tre volte tanto .
Intuito il fenomeno (simile a quello registrato negli Stati Uniti, dove le vendite sono aumentate addirittura del 55%), le autorità hanno deciso di intervenire per contenere l'acquisto compulsivo di alcol. E se nel caso della carta igienica erano state le circolari dei supermercati a porre un freno al cosiddetto panic buy, stavolta è stato necessario anche l’intervento governativo.

I ristoranti australiani posso vendere solo cibo da asporto Source: AAP
Di fatto, mercoledì i primi provvedimenti hanno portato la firma di Retail Drinks Australia (l'organismo che racchiude le catene Liquorland, Vintage Cellars, Dan Murphy’s, BWS, First Choice, IGA e Aldi), il quale ha sottoscritto un’intesa per fissare i limiti all’acquisto di bevande alcoliche. I clienti di questi negozi possono insomma caricare in auto al massimo 12 bottiglie di vino (o in alternativa due botti da 10 litri), due casse di birra o di sidro e due litri di superalcolici.

Lo specchietto con i limiti all'acquisto di alcol Source: retaildrinks.org.au
Limiti che - secondo un comunicato diramato da Retail Drinks Australia - consentono ai clienti di essere "sicuri di avere in casa quel che vogliono bere", ma che non hanno convinto tutti. Anzi, di fronte ai dubbi sollevati dalla Alcohol and Drug Foundation, il governo del Western Australia ha assunto l’iniziativa di abbassare decisamente il tetto, consentendo cioè a ogni cliente di uscire dai bottle shop con al massimo o una cassa di birra (o di sidro) e tre bottiglie di vino, oppure un litro di superalcolici e un litro di vino liquoroso, come lo sherry o il porto.
Allo studio c'è un'ulteriore riduzione dei limiti che dovrebbe vedere presto l'imposizione di un massimo di tre bottiglie di vino e di una cassa di birra. Ma considerando che si tratta di acquisti che ogni persona può teoricamente effettuare ogni giorno, anche in quel caso sarebbero limiti decisamente generosi.
Gli australiani devono stare ad almeno 1,5 metri di distanza dagli altri e gli incontri devono essere limitati a due persone, a meno che non ci si trovi con un membro del proprio nucleo familiare o abitativo.
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