"Quello che Sisto mi ha insegnato"

Un ricordo personale di Davide Schiappapietra, che ha conosciuto Sisto Malaspina poco dopo il suo arrivo a Melbourne.

Sisto Malaspina

Sisto Malaspina at work Source: SBS

“La dolce estate era già cominciata…”

Questa pagina parla di me, della mia vita, che un giorno di oltre dieci anni fa si è intrecciata con quella di Sisto Malaspina.

Non sono un suo caro amico e la mia presenza nella sua esistenza è stata momentanea e marginale. La sua, invece, ha avuto un impatto duraturo, ha lasciato un segno nella mia vita. Chi mi conosce bene ha potuto già ascoltare, nel corso degli anni, questo stesso racconto che sto per cominciare su questa pagina elettronica. Una storia da me ripetuta ogni qualvolta volessi raccontare cosa abbia significato per me lasciare la mia casa per trovarne una nuova, lontano, dall’altro lato del nostro pianeta.

A chi ha davvero amato Sisto voglio chiedere scusa, perché il loro dolore non mi appartiene, perché non lo posso capire e perché questa pagina non contribuirà in alcun modo a rendere il loro futuro più semplice. Questa storia parla di me attraverso la mia memoria di lui. Lascio ad altri, a chi ha vissuto la propria vita al suo fianco, raccontare davvero l’uomo che era Sisto Malaspina, racconti dei quali io sarò rispettoso ascoltatore e lettore.

Questa mia storia inizia a luglio del 2004, a Melbourne. Anzi no, forse inizia il giorno del mio ventitreesimo compleanno, a Bologna, quando un aereo si schiantò sulle torri di New York. O forse inizia ancora prima, il giorno in cui persi mio padre, 21 anni fa, il giorno in cui iniziai a cercare figure di riferimento che mi aiutassero a imparare cosa significhi comportarsi da uomo.

Qualunque sia l’inizio, a un certo punto della mia vita, a metà del 2004, mi sono ritrovato a Melbourne per una breve vacanza-studio, per imparare un inglese che fino ad allora non avevo ancora fatto mio. Mentre ero ospite di amici di famiglia nel nord della città, conobbi quello che sarebbe diventato il mio primo vero amico australiano, Frank. Nato a Melbourne da genitori abruzzesi, Frank aveva in comune con me la passione per la musica rock e, come me, si vestiva pressoché soltanto di nero.

Mi invitò ad uscire per mostrarmi la sua Melbourne, quella di St Kilda e dei suoi storici locali di musica dal vivo, l’Espy e il Prince of Wales. Ma prima di tutto, quella di un bar che Frank aveva sempre molto amato, Pellegrini’s.

Ecco, come molti Italiani arrivati a Melbourne, anche io durante la mia prima serata in giro con amici locali sono finito da Pellegrini’s. E proprio quella sera conobbi Sisto che stava lì, dietro al bancone.

Frank conosceva bene Sisto e la sua famiglia, non solo per aver frequentato Pellegrini’s per tutta la vita, ma anche perché suo padre, commerciante di prodotti alimentari a Melbourne, era uno dei fornitori dei membri della famiglia Malaspina, la famiglia di Sisto.

Mi innamorai di Pellegrini’s e di quell’uomo gentile e carismatico che si muoveva dietro al bancone; ci tornai spesso durante quei tre mesi di studio dell’inglese alla scuola dell’RMIT, a due passi dal locale di Bourke Street, prima che quella bellissima prima mia stagione australiana terminasse.

Tornai in Europa per un anno e nel frattempo riuscii ad ottenere un’offerta per un master alla Melbourne University. E allora, nel giugno 2005, salutai la mia mamma e ripartii per Melbourne. Un anno per prendere quel nuovo titolo di studio.

Arrivato a Melbourne mi sistemai in una caotica casa piena di studenti internazionali e iniziai subito a cercare un lavoretto come barista o cameriere. La mia poca esperienza – un amico barista di Milano mi aveva insegnato a fare cappuccini, ma nulla sapevo di soy latte e flat white – non rappresentava certo un grande punto di partenza.

Come detto, già dal mio secondo giorno iniziai a girare per il centro di Melbourne, per tutti i locali italiani. E il primo posto dove andai fu proprio Pellegrini’s. Sisto era la persona a cui mi rivolsi, e lui mi lasciò spiegare la mia situazione. Purtroppo, mi disse con gentilezza, non c’erano possibilità di impiego nel suo bar. Pellegrini’s aveva già una squadra ben affiatata, personale competente ed esperto.

Mentre mi diceva questo, davanti a me comparve un caffè che non avevo ordinato e a quel caffè seguirono le sue parole. Sisto mi disse che avrebbe chiesto a suoi conoscenti se avessero avuto delle “aperture” per un giovane appena arrivato e con poca esperienza.

Mi iniziò a indicare alcuni bar e ristoranti della zona che secondo lui sarebbero stati buoni posti di lavoro. Al momento di andare via provai a pagare quel caffè e lui mi disse parole che ho ripetuto – parafrasandole – molte volte nel corso degli anni.

Mi disse che finché non avessi trovato un lavoro, il caffè per me, da Pellegrini’s, era offerto da lui. E non solo il caffè. Mi disse di tornare per pranzo l’indomani e se necessario il giorno dopo, per prendermi una pausa durante i miei giri alla ricerca di un lavoro.

Non ricordo cosa risposi, sicuramente ringraziai, forse cercai di insistere sul fatto che ero in grado di pagare. Nella mia memoria le sue parole sono molto più chiare delle mie. Mi disse che quando avessi trovato un lavoro avrei potuto iniziare a pagare, non prima. Mi disse che così si fa a Melbourne, quando una persona nuova arriva da lontano. Mi fece intuire che qualcuno forse aveva usato quelle stesse parole rivolgendole a lui, molti anni prima.

Non stava cercando di insegnarmi qualcosa, mi parlava con cordialità, da pari a pari. Eppure io credo di averla imparata, quella lezione che lezione non era.
Il giorno dopo continuai a girare per il CBD, spaesato e sconfortato per lo scarso successo nella mia ricerca. E andai a prendermelo, quel caffè da Pellegrini’s, per sentirmi accolto in un luogo familiare e da una figura adulta amica, l’unica figura adulta che conoscessi nel centro di Melbourne.

Trovai lavoro due giorni dopo, in un caffè italiano di Swanston Street che oggi non c’è più. Uno dei caffè che Sisto mi aveva indicato. Andai subito da Pellegrini’s ad annunciare il mio trionfo, e a pagare il primo caffè di quella mia nuova stagione australiana.

Tornai decine di volte a trovarlo. Come faceva con tutti i clienti regolari, Sisto era interessato alla mia storia, chiedeva, si informava. Tante volte ci tornai nel corso dei successivi quattro anni con il mio amico Frank, spesso prima o dopo le partite del suo amatissimo Collingwood – del quale, con abile ricatto morale, mi fece diventare tifoso. Una sera ci portai una ragazza di cui pensavo di essere abbastanza innamorato. Mi piaceva l’idea di essere riconosciuto da uno dei proprietari di un locale tanto iconico e romantico. Mi faceva sentire il protagonista di un film di Scorsese.

Quattro anni della mia vita passarono. Da studente e barista diventai giornalista. Poi dovetti tornare in Italia.

Cinque anni dopo mi ritrovai nuovamente sulla via dell’Australia, questa volta per stabilirmi a Sydney, mandato dai miei nuovi datori di lavoro inglesi. Come per quella prima volta a Melbourne, anche questa volta sarei dovuto rimanere solo un anno. Era il 2013. Sono ancora qui. Ora Sydney è la mia casa, l’Australia il mio paese.

Sono tornato a Melbourne qualche volta. Sono andato anche da Pellegrini’s, sempre con il mio amico Frank. Ma non sono riuscito a tornarci, a Melbourne, negli ultimi due anni.

Quando venerdì le notizie da Bourke Street iniziarono ad arrivare non potevo immaginare che per la prima volta dal giorno del mio ventitreesimo compleanno - l’11 settembre del 2001 - tra le vittime di una di quelle tragiche notizie ci fosse qualcuno che sia stato parte della mia vita.

Non sono un suo caro amico, è vero, e non posso assolutamente parlare di dolore quando chi lo ha amato lo ha davvero perduto.

Ma Sisto Malaspina è per me come uno di quei professori che hanno insegnato per anni e lasciato il segno nelle vite di centinaia di studenti, i nomi e le facce dei quali non possono magari ricordare, ma verso i quali hanno trasmesso valori e bellezza.

Valori e bellezza. Per anni ho raccontato la storia di Sisto e di quei caffè da non pagare. E io stesso, nei confronti di persone appena arrivate in Australia, ho usato le stesse parole e cercato di seguire quell'esempio, quando ho ospitato amici di amici, o quando offrivo una birra anche quando non era il mio turno di pagarla. E sempre raccontavo la stessa storia, la storia di Sisto e di quei caffè.

Una storia che sa tanto di Melbourne. Una storia che sa di casa. Di una nuova casa dall’altra parte del mondo.

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By Davide Schiappapietra
Source: SBS Italian

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