In Cina, dove l'emergenza coronavirus che prosegue da ormai due mesi ha costretto alla quarantena decine di milioni di persone, il lavoro da casa si sta diffondendo a macchia d'olio. Un fenomeno che Bloomberg ha definito "il più grande esperimento di telelavoro".
Con il diffondersi del COVID-19 anche in Italia e la chiusura di molti luoghi pubblici, sono in molti coloro che rimarranno a casa dal lavoro almeno per tutta la prossima settimana. Così SBS Italian ha aperto le linee ai radioascoltatori per sapere quali sono le esperienze di lavoro da remoto dei nostri connazionali.
Abbiamo chiesto loro quali sono i pro e i contro e se lo preferiscono al lavoro in sede, così come qual è il loro punto di vista sulla diffusione del telelavoro in Italia e in Australia. Mentre in quest'ultima sembra essere un contratto di lavoro molto diffuso, in Italia prevale ancora quella che il sociologo Domenico De Masi ha chiamato una "esistenza patologica al cambiamento".
In un'intervista rilasciata all'HuffPost, il professore emerito di Sociologia del lavoro presso l’Università “La Sapienza” di Roma, e fondatore della SIT, Società Italiana Telelavoro, per la diffusione del telelavoro e la sua regolamentazione sindacale, ha infatti spiegato che se gli italiani sono così restii allo smart working è dovuto all'arretratezza tecnologica del paese ma anche agli ultimi duecento anni di storia della società industriale.
Prima dell’avvento dell’industria, si lavorava a casa: il medico lavorava a casa, l’avvocato lavorava a casa, anche l’artigiano lavorava a casa. Poi è arrivata l’industria, con le sue macchine potenti e fragorose e gli operai hanno iniziato a spostarsi per raggiungerle.
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