Migliaia di bandiere australiane e il grido "Aussie! Aussie! Aussie!" hanno caratterizzato l'ultima domenica dell'inverno australiano.
March for Australia, la manifestazione contro l'immigrazione di massa e mobilitata da frange di estrema destra, ha avuto luogo non senza disordini: scontri, tafferugli, feriti e arresti, ma soprattutto lo spettro della xenofobia in un Paese come l'Australia, che del multiculturalismo ha sempre fatto un vanto.
"Sono sconvolta - ha esordito Renata Musolino, vicepresidentessa del Filef di Melbourne - perché un Paese come l'Australia che grida contro gli immigrati è un cortocircuito vero e proprio". Per Musolino quello che è successo non è completamente inatteso, anche se si è detta addolorata per aver letto commenti social di italiani d'Australia che hanno manifestato il loro apprezzamento per la marcia.
Gabrielle Marchetti, vice presidentessa del ComItEs e Co-Deputy Chair del ECCV (Ethnic Communities Council of Victoria) ha fatto eco alla posizione di Musolino.
"Alcuni commenti sono terribili, sono vergognosi", ha affermato Marchetti. E ha raccontato: "Io sono arrivata qui in Australia quando avevo nove anni, e mi sono sentita dire 'Go Home Wog!', e ho vissuto sulla mia pelle l'intolleranza".
A detta di Claudio Marcello, presidente della Filef di Sydney "questi casi di razzismo ormai sono frequenti in tante parti del mondo, anche in Italia. Non credo dovremmo dargli troppo peso; sono casi circoscritti e non rappresentativi di porzioni significative della cittadinanza", ha affermato.