Il Grande Torino è stata una delle squadre di calcio più forti di tutti i tempi. Negli anni a cavallo tra la fine della seconda guerra mondiale e il primo dopoguerra vinse cinque scudetti e i suoi giocatori rappresentavano l'ossatura della nazionale italiana.
Una squadra meravigliosa che il destino portò via a tutti i familiari, amici, tifosi e appassionati di sport in un piovoso pomeriggio del 4 maggio 1949, nella sciagura aerea nota come Tragedia di Superga, in cui morì tutta la squadra assieme agli allenatori, ad alcuni dirigenti sportivi, a tre giornalisti molto conosciuti e a tutti i membri dell'equipaggio.
Il Torino era una delle squadre più amate d'Italia anche perché rappresentava una fonte di gioia, speranza ed orgoglio in un'Italia divisa, occupata, invasa e ridotta in macerie dalle vicende della guerra.

The "Grande Torino" landing in Lisboa for its last game before the plane crash. Source: Wikipedia
Era una macchina da gol e spettacolo, dai suoi tifosi che riempivano il vecchio stadio Filadelfia per applaudire i loro eroi guidati dal grande Valentino Mazzola, padre di Sandro, e con in campo giocatori formidabili. Dalla mezzala destra Ezio Loik sino al leggendario portiere Valerio Bacigalupo.
E anche se le competizioni internazionali erano ancora avventurose e pionieristiche, specialmente in un'Europa funestata dal conflitto, era chiaro a tutti che il Torino fosse "de facto" la squadra più forte del mondo.
Il tutto era iniziato 10 anni prima della tragedia di Superga, nell'estate del 1939, quando l'industriale Ferruccio Novo – che da ragazzino aveva giovcato nelle giovanili del Torino – si instaurò alla presidenza della squadra.
5 titoli nazionali consecutivi – se non si considera l'interruzione della serie nel Campionato Alta Italia del 1944, conosciuto anche come "campionato di guerra" - tra il 1943 e il 1949, e una Coppa Italia nel 1943. E grazie a questo successo, il Torino fu la prima squadra a centrare il doppio successo scudetto-coppa nazionale nella stessa stagione.

The Torino-FIAT team which competed in the "war league" in 1944. Source: Wikipedia
L'untimo degli scudetti vinti fu quello del 1948-49. Durante una stagione combattutissima tra i campioni d'Italia granata e le due milanesi, il Toro si presentò a San Siro, a cinque giornate dal termine con 4 punti di vantaggio sull'Inter. E due giorni dopo i granata erano attesi per un'aichevole a Lisbona, in Portogallo contro il Benfica. Una trasferta che si rivelerà fatale per la squadra.
E si dice che il presidente torinista avesse deciso di lasciar partire la squadra per il Portogallo soltanto in caso di vittoria o pareggio a San Siro, altrimenti avrebbe cancellato l'appuntamento per premettere alla squadra di concentrarsi sul campionato.
Sarebbe bastato un gol dell'Inter per scongiurare la tragedia, ma quel giorno, a Milano, il grande portiere Bacigalupo fu insuperabile. E così il destino volle che quella squadra meravigliosa partisse per non tornare mai più.
Lo stesso destino che invece salvò le vite di due calciatori della rosa granata: Sauro Tomà e Renato Gandolfi.
Sauro Tomà, difensore grande amico di Valentino Mazzola, non salì su quell'aereo perchè infortunato. Durante una partita riportò una lesione ai legamenti del ginocchio, dando così il via ad una serie di assenze in campionato.
Quando il Torino partì per Lisbona, il medico granata non gli diede il consenso per giocare.
Tomà, che aveva perso tutti i suoi compagni e amici nella tragedia, giocò ancora una stagione al Torino, ma non riuscì a sostenere il peso emotivo della sua permanenza e iniziò a migrare da una squadra all'altra prima di ritirarsi definitivamente dal calcio nel 1955, quando concluse la sua carriera nel Bari.

Sauro Tomà Source: Wikipedia
A quel punto Tomà tornò a vivere a Torino, vicino allo stadio Filadelfia, e per il resto della sua lunga vita continuò a ricordare, in iniziative organizzate dalla società e dai tifosi, i suoi compagni di squadra scomparsi, anche attraverso la produzione di libri di memorie.
Tomà è scomparso il 10 aprile del 2018 all'età di 92 anni, ma non è stato l'unico a tenere vivo il ricordo dei compagni caduti a Superga.
L'altro giocatore della prima squadra a sopravvivere al disastro aereo fu il secondo portiere, Renato Gandolfi. Nel suo caso, la mano del destino appare ancora più evidente.
In occasione della trasferta in Portogallo gli fu imposto di lasciare il suo posto a Dino Ballarin, il terzo portiere, su pressione del fratello Aldo, titolarissimo del Grande Torino. Renato Gandolfi reagì con sdegno alla notizia, che parve a lui come un'ingiustizia. E se anche di ingiustizia si fosse trattato, fu questo fatto che gli salvò la vita evitandogli di essere coinvolto nella tragedia di Superga.
Gandolfi continuò a giocare tra serie A e Serie B, eguagliando il primato di rigori parati in una stagione di serie A, cinque; primato che resistette fino al 2011, quando fu battuto dall'attuale portiere dell'Inter Samir Handanovič, che a quel tempo giocava nell'Udinese.

Renato Gandolfi (in black) playing for Legnano in 1951. Source: Wikipedia
Lasciato il mondo del calcio, si stabilì definitivamente nella zona di Genova e si dedicò alla pallanuoto. Tra i suoi risultati più importanti, la promozione al campionato di Serie A ottenuta allenando la Mameli Voltri. E i suoi due figli Ferdinando e Roberto Gandolfi divennero entrambi olimpionici di pallanuoto giocando nel grandissimo "Settebello" azzurro.