Si riapre la ferita dell'antisemitismo in Australia. Sette mesi dopo l'incendio alla Sinagoga Adass di Ripponlea a Melbourne, nuove fiamme rianimano il dibattito anche e soprattutto politico.
Un 34enne australiano è stato assicurato alla giustizia dopo essere stato inchiodato dalle riprese video dei circuiti di sicurezza della sinagoga.
Nonostante non ci siano stati feriti - i fedeli che si trovavano dentro la sinagoga sono riusciti ad evacuare dal retro - l'evento ha suscitato la reazione sdegnata delle comunità ebraiche di mezzo mondo, tra cui quella di Benjamin Netanyahu.
Sul social X il Primo Ministro israeliano ha detto di considerare "con la massima gravità gli attacchi antisemiti che si sono verificati" a Melbourne e a Sydney (dove un ristorante di proprietà di una famiglia ebraica è stato teatro di proteste da parte di un gruppo di sostenitori della causa palestinese").
Immediate le reazioni bipartisan anche della politica australiana: "Dichiarazioni di condanna a quanto accaduto sono arrivate da ogni parte, e in particolare si è sottolineata l'urgenza di adottare misure restrittive più severe", ha detto il commentatore politico Paul Scutti.
Scutti ha anche parlato del discorso di Anthony Albanese di sabato sera, in cui ha ricordato l'80esimo anniversario dalla morte di John Curtis, il Primo Ministro laburista che condusse l'Australia durante il secondo conflitto mondiale.
"Albanese ha tenuto a precisare l'indipendenza dell'Australia", ha ricordato Scutti, che ha aggiunto: "Il governo australiano ha subìto critiche per non aver organizzato un incontro con Trump. L'Australia comunque si guarda intorno, e sembra che nelle ultime ore la Cina abbia teso la mano al governo federale."