Il terzo round di negoziati tra Russia e Ucraina in Turchia si è concluso in soli 40 minuti con un nulla di fatto, con le posizioni delle parti che "rimangono distanti".
Se non per l'impegno verso altri scambi di prigionieri, si allontana quindi l'ipotesi di una tregua a breve.
"Fondamentalmente la cosa importante è che si siano incontrati", sostiene il corrispondente da Mosca Giuseppe D'Amato ai microfoni di SBS Italian.
"I russi cercavano delle risposte dagli ucraini su due memoranda e a quanto pare hanno ricevuto risposte opposte a quelle che speravano. Diciamo che non ci sono speranze di una qualche soluzione a breve, anche perché nei memoranda che avevano proposto i russi c'erano delle soluzioni politiche militari a condizioni difficilmente accettabili da parte di uno stato sovrano".
Nel frattempo gli Stati Uniti hanno approvato un pacchetto da 322 milioni di dollari americani per vendere armi all'Unione Europea da destinare a Kiev.
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Il presidente Donald Trump ha affermato questo mese che Washington potrebbe applicare dazi del 100% agli acquirenti di petrolio russo e imporre altre sanzioni qualora Mosca non accettasse un importante accordo di pace con l'Ucraina, con una scadenza fissata all'inizio di settembre.
"Questa è una delle possibilità che la Casa Bianca ha previsto, semplicemente che chi compra il petrolio russo avrà poi i propri prodotti soggetti a dazi del 100% nel momento in cui entreranno negli Stati Uniti e probabilmente succederà la stessa cosa in Europa", spiega D'Amato.
Ma chi compra il petrolio russo?
"Fondamentalmente sono i cinesi, gli indiani e i brasiliani, quindi questi sono i tre Paesi che dovranno porre attenzione", afferma D'Amato. "Già si sa che l'India ha iniziato a seguire delle strade diverse e mira a nell'arco di pochi mesi a sostituire il petrolio russo con petrolio proveniente da altri Paesi".