Come tante storie di emigrazione, l’inizio dell’avventura australiana di Giuseppe Tomarchio e Lucia Gardini nasce un po’ per scommessa e un po’ per caso nel 2016 a Melbourne.
"Siamo arrivati con gli stessi sogni e desideri che hanno tanti ragazzi quando arrivano... e poi, sai com’è? La vita prende e inizia a correre”, racconta Giuseppe ai microfoni di SBS Italian.
Una corsa proiettata verso un futuro felice per la giovane famiglia, composta dalla coppia e dalle figlie, Solejai, nata in Italia, e Uma, nata in Australia, almeno fino ad una brusca interruzione nel 2020.
“Verso aprile/maggio 2020, la nostra figlia più piccola Uma ha iniziato ad avere un po’ di debolezza, non voleva camminare o giocare tanto, era un po’ pallida”, ricorda il padre.
Su consiglio di un dottore, Giuseppe e Lucia sottopongono la bambina, allora duenne, a dei controlli medici, dai quali emerge una diagnosi che cambia il corso della loro vita.
“Ci hanno detto che poteva essere leucemia e ci hanno mandato immediatamente al Royal Children's Hospital. È stata una di quelle cose che ti cambia la vita in cinque minuti... Tu pensi, mi daranno un integratore, invece ti ritrovi quella sera stessa ad entrare in ospedale senza sapere quando ne saresti uscito”.
Ad Uma viene diagnosticata una leucemia linfoblastica acuta, una tipologia di tumore del sangue piuttosto rara ma tra le tipologie di tumore più frequente in età pediatrica; su 307 casi ogni anno in Australia, 200 sono bambini.
Come suggerisce il nome, la malattia procede rapidamente ma a 5 anni dalla diagnosi, l'80% dei pazienti non presenta più traccia di malattia e la prognosi prevede una sopravvivenza di circa il 90%, secondo i dati dell’Associazione Italiana di Ematologia e Oncologia Pediatrica.

Uma e Giuseppe Tomarchio Credit: Giuseppe Tomarchio
Nel frattempo, lo scoppio della pandemia in Australia rende l’esperienza di ospedalizzazione di Uma ancora più complessa: “Non potevamo essere insieme nella stessa stanza, dovevamo scambiarci nei corridoi, poi nella parenting room e poi fuori dall'ospedale, con nel frattempo l’altra mia figlia che all’epoca aveva sei anni e il suo giusto bisogno di attenzioni. È stato psicologicamente faticoso, ad ogni febbre dovevi aspettare 20 ore chiuso nella stanza, all'epoca non esistevano i test rapidi”.
Nonostante le difficoltà, il decorso della malattia di Uma sembrava procedere per il meglio, ma a maggio di quest’anno è arrivata un'altra batosta.
Durante un controllo di routine viene riscontrata una leucemia mieloide acuta; si tratta di una patologia ancora più rara della precedente, che rappresenta lo 0,8% delle diagnosi di cancro ogni anno, il 50% delle quali a bambini tra 0 e 14 anni.
Secondo il sito del Cancer Council NSW, le cause di questa seconda tipologia di cancro non sono note, ma tra i fattori che possono aumentarne l'incidenza ci sono la chemioterapia e la radioterapia.
Uma, che ormai ha quattro anni, ha dovuto far fronte a nuovi cicli chemioterapici, ma i medici hanno chiarito che un trapianto di midollo si sarebbe reso necessario, fissando inizialmente l’operazione per giugno.
Un aspetto non secondario di questa vicenda riguarda la situazione visti della famiglia di Giuseppe e Lucia.
L’assicurazione sanitaria privata, stipulata come condizione necessaria al visto temporaneo, ha coperto il 90% delle terapie di Uma fino ad ora, ma non coprirà la prossima fase di cure.
Un cavillo burocratico che è emerso solo dopo diverse settimane, costando ad Uma un altro ciclo di chemioterapia non previsto inizialmente.
“A giugno non si stava muovendo foglia. Il midollo non è stato selezionato e prenotato perché nel sistema risultava che le spese non erano coperte né da Medicare né dall’assicurazione, quindi siamo caduti in un limbo burocratico. Era il momento perfetto perché Uma ricevesse il trapianto, era in remissione totale, ma non ha ricevuto il trapianto per questo errore di comunicazione”.
Già nel 2020 Giuseppe Tomarchio, cotitolare di un'azienda di costruzioni che impiega una ventina di persone, aveva provato a richiedere un visto permanente, ma proprio la malattia di Uma aveva pesato in maniera negativa sulla richiesta: “Dovevamo dimostrare che le cure della bambina non sarebbero costate troppo, nonostante il fatto che la mia assicurazione coprisse le spese”.

Uma nella sua stanza al Royal Children Hospital di Melbourne.
Non avendo accesso a Medicare né alla copertura assicurativa privata per il trapianto, che costa almeno 300mila dollari salvo complicazioni, Giuseppe e Lucia si sono mossi privatamente, mobilitando la comunità.
Uma si trova al Royal Children Hospital da diverse settimane, in attesa di un trapianto previsto per settembre. L’ultimo ciclo di chemioterapia ha avuto alcune complicazioni, ma come ci ha raccontato papà Giuseppe, questo non le impedisce di stare alzata fino a tardi per giocare con le sue adorate Barbie.
“Ogni esperienza, anche la piu terribile, ti regala un insegnamento. Per me personalmente è stato un insegnamento di accettazione, rispetto. I bambini sono degli insegnanti incredibili, ti insegnano l’onestà, la resilienza, la trasparenza, la determinazione. Mia figlia mi sta insegnando a diventare la versione migliore di me stesso”.