I colloqui di quasi cinque ore al Cremlino tra Vladimir Putin e gli inviati statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner non hanno prodotto un accordo sulla guerra in Ucraina. Mosca li ha definiti costruttivi, ma ha chiarito che restano punti “inaccettabili”. Washington non ha rilasciato dichiarazioni.
Il giornalista Giampiero Gramaglia spiega che la riapertura del dialogo arriva dopo settimane di paralisi. “È in corso una accelerazione di contatti diplomatici dopo una fase di stallo”, ma il vertice bilaterale precedente “si è poi rivelato non fertile di risultati”, afferma.
A novembre era circolata una bozza di pace in 28 punti che, osserva Gramaglia, “sembrava un piano scritto da Mosca e accettato da Washington”. Ma Kiev lo ha respinto, così come gli alleati europei che si sono trovati davanti a un testo negoziato senza il loro coinvolgimento diretto.
Tre nodi restano al centro delle trattative tra gli Stati uniti e la Russia.
Il primo riguarda la questione territoriale, indicata da Gramaglia come “il primo punto dirimente”, cioè se e quali aree debbano essere cedute alla Russia e con quali condizioni.
Il secondo nodo riguarda le garanzie di sicurezza per Kiev dopo la fine del conflitto.
Il terzo riguarda il ruolo internazionale dell’Ucraina, che secondo le indicazioni attuali potrebbe trovarsi “dentro l’Unione Europea ma fuori dalla NATO”.
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A complicare il quadro ci sono anche le dinamiche interne ucraine. Gramaglia ricorda che lo scandalo di corruzione emerso nelle ultime settimane “ha costretto il presidente Zelensky a privarsi del suo braccio destro”, mentre resta aperto il tema delle future elezioni presidenziali nel Paese dilaniato dalla guerra.
L’Europa continua a sostenere l’Ucraina, ma senza un ruolo determinante al tavolo negoziale. Gramaglia spiega che l’Europa “afferma la propria vicinanza all’Ucraina”, ma non dispone “della forza, della capacità o della coesione” necessarie per incidere sulle scelte di fondo, elemento che Mosca usa per contestare la posizione europea.
Parallelamente crescono le tensioni tra Stati Uniti e Venezuela. Le operazioni statunitensi contro imbarcazioni sospettate di narcotraffico nel mar dei Caraibi e nel Pacifico orientale hanno provocato decine di vittime e suscitato critiche internazionali.
Giampiero Gramaglia sottolinea che si tratta di attacchi “al di fuori di ogni giurisdizione legale”, condotti “in acque internazionali” e quindi “al di fuori di qualsiasi diritto internazionale”.
Donald Trump ha paventato la possibilità di estendere queste azioni anche sul territorio venezuelano, mentre rimane il non-riconoscimento statunitense della rielezione di Nicolas Maduro.




