Si avvicinano i Mondiali di Calcio e anche se l'Italia purtroppo non sarà tra i protagonisti, ha fatto comunque la storia di questa competizione.
Vogliamo ricordare uno dei personaggi più importanti del nostro calcio, Vittorio Pozzo. E’ stato il primo commissario tecnico della storia della nazionale italiana e riuscì a vincere due mondiali consecutivamente. Un record tuttora imbattuto.
Vittorio Giuseppe Luigi Pozzo, nato a Torino il 2 marzo del 1886, e morto, sempre nel capoluogo piemontese, il 21 dicembre del 1968, è stato allenatore di calcio, ovviamente, ma anche calciatore, giornalista, commissario tecnico della Nazionale italiana e dirigente di azienda alla Pirelli.
Con la nazionale italiana riuscì a vincere il Campionato Mondiale di Calcio del 1934, giocato in Italia, e quello successivo del 1938, giocato in Francia. Vinse anche un'Olimpiade e ben due Coppe Internazionali.
La Coppa Internazionale era un po' l'antesignana del nostro attuale Campionato Europeo, quindi quello di Pozzo risulta essere palmarés eccellente.
Uno dei più grandi allenatori della storia del calcio, Vittorio Pozzo, era un personaggio affascinante. Piemontese, nato a Torino, ma originario della provincia di Biella, studiò lingue e giocò a calcio in Francia, in Svizzera e in Inghilterra, paese con il quale stabilì un forte legame personale.
Un aneddoto legato proprio all’Inghilterra è che Pozzo aveva due portafortuna che portava sempre con sé. Il primo era un biglietto aereo per Londra, regalatogli da un amico, ma che lui non utilizzò mai. Il secondo portafortuna, invece, era una scheggia della Coppa Internazionale, perché quando la vinse per la prima volta nel 1930, durante i festeggiamenti la coppa cadde a terra e poiché era di cristallo si frantumò in mille pezzi. Lui ne raccolse uno e lo tenne sempre con sé.
Tornando agli inizi, Pozzo era un appassionato di calcio e tifoso dell'FC Torinese, una delle prime squadre di calcio in Italia, dalla quale successivamente nacque l'attuale Torino nel 1906, fondato assieme ad alcuni dissidenti della Juventus, entrati in contrasto con la società.
Non solo era appassionato di sport e di calcio, in particolare, ma proprio da calciatore, dopo aver giocato nelle riserve della squadra Svizzera del Grasshoppers dal 1905 al 1906, tornò nella sua Torino dove contribuì a fondare il Torino Football Club, nel quale militò per 5 stagioni e si ritirò dall'attività agonistica nel 1911.
Poi entrò nella azienda di pneumatici Pirelli, dove divenne dirigente, incarico che lascerà proprio quando riceverà quello di commissario tecnico della Nazionale italiana per guidare gli azzurri alla loro prima competizione internazionale di sempre, ovvero le Olimpiadi di Stoccolma del 1912. Dopo l'eliminazione dell'Italia al primo turno contro la Finlandia, perdendo per 3 a 2 dopo i supplementari, Pozzo si dimise e tornò a lavorare alla Pirelli.
Ma la Nazionale tornò nella sua vita. Infatti il secondo periodo da commissario tecnico degli Azzurri inizierà nel 1921 e da quel momento non si fermerà più.
Durante la pausa dalla Nazionale allenò il neonato Torino e quindi fu tra gli artefici di quello che poi diventerà, qualche anno dopo, il Grande Torino, un'altra fantastica pagina di storia del nostro calcio.
Per comprendere le ragioni della sua carriera da vincente è necessario conoscere la storia della sua vita al di fuori del mondo del calcio.
Vittorio Pozzo, era un ufficiale degli Alpini tra le cui fila combattè in guerra. Questa esperienza lo segno tanto che cercò di portare quello che aveva imparato dall'esperienza bellica al campo da calcio. Era, quindi, estremamente abile a cementare il gruppo. Parliamo di un calcio pioneristico, ma Pozzo è stato tra i primi allenatori nel mondo a dare regolarità allo sport e a dare degli schemi sofisticati ai suoi giocatori.
Nello specifico inventò quello che oggi è chiamato regista. A quei tempi, infatti, si giocava con uno stranissimo 2-3-5. Un sistema, quindi, con 2 difensori, 3 centrocampisti e 5 attaccanti. Pozzo fu il primo ad avere l'idea di allargare i due difensori, che quindi diventarono i primi terzini, e di abbassare uno dei centrocampisti che divenne proprio il regista.
L'atmosfera del calcio europeo di quegli anni era molto diversa da quella di oggi. Ovviamente tutto era iniziato in Inghilterra, ma gli inglesi non volevano partecipare alle competizioni europee organizzate dal resto dei paesi del continente e quindi rimanevano letteralmente isolati.
In Europa invece c'erano l'Italia, la Cecoslovacchia, l'Ungheria e l'Austria. Erano queste le 4 superpotenze calcistiche, alle quali poi si aggiunse la Svizzera. A livello tattico si poteva notare una differenza marcata tra gli Azzurri e le squadre "del Danubio", come venivano chiamate le squadre dell'est Europa. Queste giocavano in maniera più spettacolare. Facevano molto possesso palla e i ruoli erano mobili, un po' come il Barcellona degli ultimi anni o il Napoli di Sarri. l'Italia, invece, era più pragmatica e solida e questo portò a Pozzo grandissime soddisfazioni, tra cui le vittorie nei due campionati del mondo.
Il primo, giocato in Italia nel ‘34, era particolarmente sentito perché il regime fascista, allora al potere, teneva particolarmente alla vetrina della Coppa del Mondo giocata in casa. E Pozzo divenne un eroe, riuscendo a far diventare il calcio un'eccellenza italiana. E' proprio grazie a Pozzo, a quella nazionale, alla Juventus, al Torino e a tutte quelle squadre che iniziarono a fare calcio a grandi livelli se oggi c'è questa passione innata in noi italiani.
Pozzo, come molti italiani in quel periodo, non era prettamente antifascista e non cercò mai di contrastare il regime, ma non ne era neppure un fervente sostenitore. Da allenatore della Nazionale cercò sempre di mantenere una posizione moderata.
Avendo un ruolo importante per la Nazione non poteva esimersi dall'essere parte del regime, ma è grazie a Pozzo e alla sua personalità se le sue grandi vittorie vengono ricordate come le vittorie di Pozzo e non come le vittorie di Mussolini.
C'è un altro aneddoto importante avvenuto nel ’38, quando l'Italia vinse il secondo mondiale. Pozzo fece giocare parecchi giocatori "oriundi" e ovviamente ci furono enormi polemiche, perché il Fascismo non gradiva che in Nazionale ci fossero giocatori non prettamente italiani. Pozzo lottò per poter schierare i suoi oriundi, sostenendo che se questi ragazzi avrebbero potuto morire per l'Italia in guerra, avrebbero potuto senza dubbio anche giocare a calcio per la Nazionale Italiana.
Un'altra invenzione di Vittorio Pozzo è un elemento del calcio, e dello sport in generale, che esiste ancora oggi. Prendendo spunto dalla sua esperienza nella prima guerra mondiale, introdusse l'uso sistematico dei ritiri: qualche giorno di isolamento prima della partita per unire il gruppo. Una strategia che portò, come sappiamo, enormi risultati.
Ma per capire l'importanza di questo grandissimo uomo di calcio, osserviamo qualche dato: fu commissario tecnico della nazionale per 6.927 giorni, un primato battuto solo da Enzo Bearzot molti anni dopo. Collezionò 97 panchine con la nazionale, per un totale di 65 vittorie, 17 pareggi e soltanto 15 sconfitte, la sua percentuale di vittorie è pari al 67% delle partite giocate. Un record decisamente complicato da superare nel calcio moderno.
La sua vita fu segnata anche da un tragico evento, quando il suo ultimo atto ufficiale nel 1949, fu lo straziane riconoscimento dei corpi dei calciatori del Grande Torino, morti in seguito alla tragedia aerea di Superga. Quasi tutti i giocatori del Grande Torino giocavano in Nazionale e quindi Pozzo li conosceva benissimo, come tifoso e come allenatore.
Negli anni tra il ‘48 e il ’58, Vittorio Pozzo partecipò, in qualità di consigliere nel direttivo tecnico della Federazione calcistica, alla creazione del centro tecnico federale di Coverciano, un'eccellenza del nostro paese perché ancora oggi forma quelli che molti definiscono come gli allenatori migliori del mondo. Pensiamo ad Ancelotti, Mancini, Ranieri, Conte e molti altri.
Pozzo morì il 21 dicembre del 1968 all'età di 82 anni a Torino, e le sue spoglie riposano nel cimitero di Ponderano a Biella.
Noi ricordiamo Vittorio Pozzo come grandissimo uomo di calcio e ne ammiriamo la modestia; è stato un uomo di altri tempi con un piede nel futuro, perché riuscì a capire la potenzialità di questo sport, quando all'epoca non era certo che il calcio potesse diventare quello che è adesso. Pozzo lo capì e si appassionò tanto da portarlo lui stesso a grandissimi livelli.
È una storia di altri tempi anche perché Pozzo diventò allenatore senza alcun titolo, ma principalmente perché era apprezzato come uomo, aveva delle qualità personali fuori dal comune e riuscì a trasportarle nel campo da calcio.