SBS Italian ha raccontato recentemente due storie di immigrazione con un punto in comune, il ruolo del ministro dell’immigrazione australiano.
La prima è la storia di Benedetta, che essendo nata con una malformazione congenita non ha potuto ottenere in 17 anni la residenza permanente; ora i genitori, che hanno evitato all'ultimo momento la separazione della famiglia, mirano all'intervento del ministro per ottenerla.
La seconda è quella di una famiglia che ha impiegato 15 anni a raggiungere la residenza permanente, grazie non a uno ma a ben due interventi del ministro dell'immigrazione.
Deus ex machina o no, il ruolo del ministro
Nel sistema di immigrazione australiano, un intervento ministeriale è un potere discrezionale che viene concesso al ministro dell'immigrazione per intervenire personalmente in un caso, ed eventualmente concedere un visto a una persona che secondo il Migration Act non soddisfa i requisiti per un visto.
Per approfondire

Benedetta e la sua famiglia possono rimanere in Australia
“Questo potere è usato con molta parsimonia e solo in circostanze eccezionali in cui vi sono motivi molto convincenti e compassionevoli che giustificano l'intervento”, racconta a SBS Italian l’agente d’immigrazione Emanuela Canini, “in particolare in situazioni in cui sussistono motivi umanitari, di interesse pubblico o di interesse nazionale”.
Come si arriva all’intervento del ministro?
Per richiedere un intervento ministeriale, una persona deve prima vedersi rifiutare la domanda di visto dal dipartimento di immigrazione, per poi fare appello al tribunale che confermerà il rifiuto.
A questo punto si può presentare una richiesta chiedendo l’intervento del ministro.
La richiesta di intervento deve indicare le ragioni per le quali il ministro dovrebbe esercitare il proprio potere discrezionale e concedere il visto alla persona.
Queste ragioni devono non solo essere fondate e dimostrabili, ma devono anche combaciare con quelle che sono le linee guida fornite dal ministro.
“Il ministro può decidere di intervenire solo in una serie di situazioni e non intervenire in altre”, spiega Emanuela Canini.
Ad esempio, nel caso in cui una persona ha la possibilità di richiedere un particolare tipo di visto solo fuori dall’Australia, la motivazione di non voler uscire dal Paese non viene considerata sufficiente per un intervento.
Quali sono le ragioni prese in considerazione dal ministro
Le motivazioni che vengono ascoltate e accettate sono quelle umanitarie, di interesse per l'Australia, per la tutela di un minore, oppure per riparare a un errore commesso dal dipartimento di immigrazione.
Se il ministro decide di non intervenire, la decisione è definitiva e non sono disponibili ulteriori revisioniEmanuela Canini
Se il ministro decide di intervenire in un caso, può concedere un visto a sua scelta che può non essere necessariamente quello che gli viene richiesto, oppure può decidere di confermare il rifiuto.
Quanti appelli si possono fare?
Se il ministro rifiuti o non prenda in considerazione un caso, non si può fare un'altra richiesta a meno che non ci siano dei cambiamenti di circostanza o ci siano altre motivazioni.
“In linea generale si fa una richiesta, però le situazioni cambiano nella storia dei visti di una persona, in teoria non c'è un limite di numero di interventi che si possono richiedere”.
Ma che ci sia più di una richiesta avviene molto raramente, considerando che si tratta di un processo pensato per casi eccezionali.
Non va considerato come l'ultima spiaggia dove non sappiamo più che fare, o come un appello in più per risolvere tutti i rifiuti dei visti che vengono datiEmanuela Canini
Si tratta di un tipo di situazione in cui il ministro interviene personalmente e deve anche poter giustificare la sua azione.
La maggior parte degli interventi del ministro sono legati a casi di rifugiati, eseguiti per motivi umanitari.
“Penso che l'intervento del ministro sia un sistema creato per avere sempre la possibilità di poter gestire una situazione controversa”, conclude Canini, “dove la legge di immigrazione ti chiude definitivamente le porte c'è sempre uno strumento che il governo può utilizzare per togliersi da situazioni di imbarazzo, soprattutto se queste raggiungono un effetto mediatico notevole.”