Il 18 maggio si è celebrata la Giornata Internazionale dei Musei, giunta alla sua quarantesima edizione. Un traguardo importante per un’iniziativa promossa dall’International Council of Museums (ICOM), che ogni anno invita a riflettere sul ruolo dei musei nella società contemporanea.
Il tema scelto per il 2025, “Il futuro dei musei in comunità in rapido cambiamento”, ci parla di trasformazione, di inclusività, di nuove tecnologie e di identità in divenire.
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Se un tempo i musei erano percepiti come luoghi statici, oggi si propongono sempre più come spazi vivi, partecipati, in dialogo con le comunità che li circondano.
“La digitalizzazione, come in altri ambiti, è fondamentale anche per i musei, perché segna il passaggio da luoghi dedicati solo alla conservazione fisica, a spazi che offrono accesso ampio e inclusivo delle collezioni”, spiega Irene Guidotti, Digital Librarian all’Australian Museum, che ogni giorno lavora per rendere fruibili e accessibili i tanti materiali conservati nella biblioteca di ricerca del museo più antico del Paese.
Non si tratta solo di caricare immagini in rete: serve una visione precisa, un’infrastruttura solida, formati stabili, metadati leggibili anche nel futuro, protezione legale e aggiornamenti costanti. “È un lavoro continuo, che prevede aggiornamenti tecnologici e controlli e soprattutto protezioni legali”, dice ancora Irene.
“Il museo non è più solo un luogo nozionistico dove si va per imparare qualcosa, ma diventa proprio un luogo di condivisione, di scoperta, un luogo anche di incontro”, interviene Elisa Ronzoni, curatrice al Jewish Museum of Australia.
Una funzione che si espande oltre la sfera culturale e coinvolge la socialità, l’identità, il senso di appartenenza. “È bellissimo che sia stato scelto come tema”, aggiunge Elisa parlando del rapporto tra musei e comunità, “perché anche i musei dovrebbero costruire dei ponti sia all'interno delle comunità, sia tra comunità diverse”.
Ronzoni ha inoltre ricordato quanto sia fondamentale lo spazio fisico e urbano in cui un museo si inserisce: “Deve farti sentire che le porte sono aperte e che è uno spazio per tutti”.
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“I musei sono oggi luoghi di commercio, forse anche in maniera svergognata [...] ma anche luoghi di trasparenza [...] posti che per chi insegna storia dell’arte invitano a guardare al bello, ma anche a pensare a cos’è il bello, a chi serve, a cosa serve e come trasmetterlo al futuro”, dice Roberta Crisci, docente di storia dell’arte alla Federation University.
La ricerca di nuovi linguaggi non è solo teorica: si traduce in pratiche e strumenti che possano coinvolgere pubblici più ampi. In questa direzione si muove anche il ricorso crescente alla multimedialità e alle esperienze immersive, spesso giudicate troppo spettacolari o poco filologiche.
“Il modo in cui percepiamo il museo in maniera tradizionale non è fatto per tutti [...] è importante che ci siano entrambi gli aspetti, tradizionali e multimediali, per cui io sono pro multimediale”, dice Harpreet Tanday, restauratrice.