In Medio Oriente è improvvisamente salita la tensione tra Israele e Libano. La settimana scorsa, due droni di Tel Aviv hanno colpito in territorio libanese, un incidente di fronte al quale il capo del governo di Beirut ha parlato di una "dichiarazione di guerra". Nella giornata di domenica ha poi fatto seguito la reazione degli hezbollah libanesi, che hanno lanciato razzi oltre il confine, colpendo un carro armato israeliano e provocando - secondo gli hezbollah stessi - la morte di alcuni militari israeliani.
Tel Aviv nega, sostendo anzi di aver teso una trappola e inserito solo dei fantocci all'interno dei carri, ma intanto il Primo Ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha interrotto l'incontro con il presidente dell'Honduras in corso a Gerusalemme. Il suo omologo libanese Saad Hariri ha chiesto l'intervento di Stati Uniti e Francia per mettere fine allo scontro tra Hezbollah e Israele e le Nazioni Unite hanno lanciato un appello al dialogo.
Secondo Michele Giorgio, corrispondente de Il Manifesto da Gerusalemme, entrambe le parti in causa hanno buoni motivi per mostrarsi aggressivi nei confronti della controparte, ma anche di evitare accuratamente che la tensione deflagri in un vero e proprio conflitto.




