La cucina italiana è alla base della nostra identità, di italiani e di migranti, ma c’è chi attacca le nostre certezze dicendo che il parmigiano più tradizionale lo si può trovare non a Parma ma nel Wisconsin, che nella ricetta della carbonara c’è una chiara influenza statunitense e che tiramisù e panettone sono tradizioni tutto sommato da poche anni.
Si tratta di Alberto Grandi, professore di Storia di Alimentazione all’Università di Parma e autore di DOI, Denominazione di Origine Inventata.

Alberto Grandi, Professore di Storia dell'Alimentazione all'Università di Parma e autore di "DOI - Denominazione di Origine Inventata".
In ogni episodio il professor Grandi smonta la solidità della cultura gastronomica italiana, facendosi non pochi nemici.
"Per tanti motivi gli italiani hanno attribuito alla cucina un significato identitario assolutamente sproporzionato", sostiene il professor Grandi che, nonostante non attribuisca caratteristiche negative ai prodotti alimentari italiani di oggi, si è scontrato con reazioni molto forti.
Lo scorso 23 marzo un lungo articolo a lui dedicato sul Financial Times ha fatto il giro del mondo suscitando commenti tra l'indignato e lo sprezzante.
Coldiretti ha emesso un comunicato e, come il ministro Salvini, ha preferito non nominare il professor Grandi, denunciando da parte del Financial Times "un attacco surreale ai piatti simbolo della cucina italiana proprio in occasione dell’annuncio della sua candidatura a patrimonio immateriale dell’Umanità all’Unesco".
In una intervista a SBS Italian il professor Grandi spiega di non mettere mai in discussione la qualità dei prodotti italiani, aggiungendo "io racconto la storia, e questo è già sufficiente a scatenare reazioni".
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Il professor Grandi sostiene che alcune delle tradizioni che diamo per assodate sono false, o molto più recenti di quello che crediamo, ma dirlo lo tramuta agli occhi di molti in un "nemico della patria".
La creazione di un mito della cucina italiana porterebbe ad un generale senso di superiorità che rende gli italiani estremamente protettivi verso le proprie tradizioni.
"Se continuiamo a dire che siamo i migliori del mondo", riflette Grandi, "secondo me vuol dire che alla fine non ci crediamo tanto neanche noi".
Questa è un'enorme fake news che noi italiani ci raccontiamo. Siamo bravi, ma non siamo necessariamente i più bravi.Alberto Grandi, professore di Storia della Alimentazione all'Università di Parma