Nella nostra nuova puntata di "Storie di altri tempi" parleremo delle vite straordinarie di due uomini che hanno contribuito a rendere possibili molte delle tecnologie infomatiche che oggi ci circondano, Camillo e Adriano Olivetti. E di un modello di azienda unico in cui la produttività era connessa al concetto di "felicità".
Infatti, molto prima di Steve Jobs e Steve Wozniak e della loro Apple, di Bill Gates e della sua Microsoft, in Piemonte, e non nella Silicon Valley, c'era la Olivetti.
Camillo Olivetti e la fondazione dell'azienda.
Il suo fondatore fu Camillo Olivetti, nato a Ivrea nell'agosto del 1868, che a 28 anni creò nel suo paese natale l'azienda di famiglia.
Gli Olivetti erano una famiglia della borghesia ebraica di Ivrea. Il padre, Salvador Benedetto, era un commerciante di tessuti, come da antica tradizione di famiglia. La madre, Elvira Sacerdoti, era figlia di banchieri. Dalla famiglia del padre, Camillo Olivetti ereditò lo spirito imprenditoriale; dalla madre una cultura non provinciale e l'amore per le lingue.

Camillo Olivetti, 1920 Source: Wikipedia
Al termine del liceo, si iscrisse al Regio Museo Industriale Italiano (successivamente inglobato nel Politecnico di Torino) e alla Scuola di Applicazione Tecnica, dove frequentò i corsi di elettrotecnica tenuti da Galileo Ferraris.
Fu proprio Ferraris il fondatore del Regio Museo Industriale. Piemontese anche lui, fu un eminente scienziato che scoprì il campo magnetico rotante e inventò il motore elettrico a corrente alternata. Per capire la sua importanza basti pensare che la sua città natale, che si chiamava Livorno Piemonte, si chiama oggi Livorno Ferraris.
Si può facilmente capire come gli insegnamenti di Ferraris abbiano influito sulle scelte future di Camillo Olivetti, che si laureò in ingegneria industriale nel 1891. Decise quindi di trasferirsi per più di un anno a Londra, dove lavorò in un'industria che produceva strumentazione elettrica, facendo anche il meccanico. E soprattutto potè migliorare il suo inglese.
Al suo ritorno a Torino, divenne assistente di Ferraris, che accompagnò negli Stati Uniti nel 1893, quando Ferraris fu invitato a tenere conferenza al Congresso Internazionale di Elettrotecnica di Chicago. Olivetti gli fece da interprete, vista la sua conoscenza ormai avanzata della lingua inglese.
Insieme visitarono i laboratori Thomas A. Edison al Llewellyn Park, nel New Jersey, dove incontrarono di persona lo stesso Thomas Edison.
Nel lungo periodo passato in America, Camillo Olivetti fu anche assistente di elettrotecnica alla Stanford University, dove ebbe modo di sperimentare in laboratorio varie applicazioni dell'uso dell'elettricità.
Ma fu l'imprenditorialità statunitense che colpì profondamente Olivetti ed ebbe un impatto decisivo sulla sua futura vita professionale.
Tornato in Italia, iniziò a lavorare come importatore di macchine per scrivere e biciclette. E poi decise di fondare la sua azienda per produrre e commercializzare strumenti di misurazione elettrica, principalmente per laboratori di ricerca.
Nacque così ad Ivrea nel 1896 la C. Olivetti & C.
Nel 1903 la fabbrica si trasferì a Milano e l'anno successivo a Monza, attirando nuovi soci. Ma nel 1908, Camillo Olivetti decise di tornare a Ivrea e fondare la Ing. Olivetti & C.
E nello stesso anno, produsse la prima macchina per scrivere dell'azienda progettata da Olivetti stesso, la M1.

Advertising poster for Olivetti M1 typewriter, 1908. Source: Wikipedia
I primi anni della Olivetti si inseriscono in quel periodo che gli storici definiscono "età giolittiana", che comprende i primi anni del '900, fino alla prima guerra mondiale. In quegli anni l'Italia è un regno sul cui trono siede Umberto I e poi suo figlio Vittorio Emanuele III e il cui primo ministro, per la maggior parte del periodo, è Giovanni Giolitti.
L'età giolittiana fu caratterizzata da una notevole crescita economica e sociale e rappresentò la parte finale di quel periodo chiamato, a livello internazionale, Belle Époque.
Ma l'italia era ben lontana dalle altre potenze industriali come l'Inghilterra e, sempre di più, gli Stati Uniti. Per esempio la FIAT, l'azienda italiana che diventerà il simbolo dell'industria della penisola e in qualche modo lo è ancora oggi, aveva soltanto una cinquantina di operai.
La svolta decisiva per la Olivetti fu la prima guerra mondiale, in cui l'azienda si specializzò nella produzione di strumentazione tecnologica per l'aeronautica e avendo tra i suoi clienti le forze armate del Regno Unito
Il dopoguerra vide la Olivetti tornare alla produzione di macchine da scrivere e altri prodotti da ufficio. In quegli anni Camillo Olivetti fu in grado di implementare un nuovo, ambizioso progetto commerciale, basato sull'assistenza alla clientela mediante filiali. La prima fu quella di Milano, cui seguirono i principali centri italiani ed esteri. Una strategia che permise alla Olivetti di primeggiare a livello internazionale grazie non tanto al prezzo dei prodotti, ma alla qualità e all'assistenza offerta.
Nel 1925, dopo un viaggio negli Stati Uniti, entrò in azienda Adriano Olivetti, il secondo dei figli di Camillo.
Camillo Olivetti lasciò progressivamente il timone della sua azienda al figlio Adriano e nel 1943, il 4 dicembre, morì nell'ospedale di Biella, dove si stava nascondendo per sfuggire – lui di origine ebraica - alle reggi razziali del regime fascista, prima, e di quello nazi-fascista della Repubblica Sociale poi.

Front page of the Corriere Della Sera newspaper, 11 November 1938. Source: Wikipedia
Benito Mussolini promulgò le leggi razziali nel 1938 e furono applicate fino all'inizio del 1944, prima attraverso la cosiddetta "persecuzione dei diritti degli ebrei" (e di altre minoranze etniche) poi con la "persecuzione delle vite degli ebrei", in particolare durante il periodo della Repubblica di Salò.
Circa 7500 dei 58mila ebrei italiani persero la vita tra rastrellamenti o internamento nei campi di sterminio. Una parte di loro si salvò grazie a documenti che ne dichiaravano la non appartenenza alla comunità ebraica.
Ma tornando alla storia di Camillo Olivetti, quello che successe al suo funerale fa comprendere l'importanza di questo personaggio, soprattutto per i suoi lavoratori. Centinaia di loro, infatti, si mossero spontaneamente da Ivrea a Biella, che dista una quarantina di chilometri, per partecipare alle sue esequie, sfidando apertamente la sorveglianza del regime nazi-fascista al potere.
Camillo Olivetti, secondo documenti ufficiali delle forze dell'ordine, veniva considerato vicino alle idee socialiste fin dal periodo universitario. Entrò in contatto con il socialismo organizzato nel corso del suo viaggio in Inghilterra e poi quello negli Stati Uniti e al suo ritorno dall'America aderì al Partito Socialista appena nato in Italia.
Tra gli altri personaggi della sinistra italiana del tempo con cui strinse un forte rapporto personale ci fu Filippo Turati, uno dei fondatori del Partito.
Adriano Olivetti e la "felicità condivisa".
Già al momento della morte del padre, Adriano Olivetti era ai vertici dell'azienda assieme al fratello Massimo, intellettuale e inventore, che scomparirà nel 1949.
La loro madre, Luisa Revel, era di religione valdese, un fattore che si rivelò determinante in futuro per permettere ad Angelo di aggirare le leggi razziali fasciste.
Nell'aprile del 1918 si arruolò volontario negli Alpini e dopo il servizio militare si iscrisse al Politecnico di Torino, partecipando attivamente al dibattito politico in corso e collaborando alle riviste «L'azione riformista» e «Tempi Nuovi», di cui il padre era rispettivamente editore e principale finanziatore. Qui entrò in contatto con Piero Gobetti e Carlo Rosselli.

Adriano Olivetti, 1955. Source: Wikipedia
Dopo aver ottenuto la laurea in ingegneria chimica nel 1924 e dopo un viaggio di studio negli Stati Uniti, nel 1926 entrò nella fabbrica di famiglia dove, per volere paterno, fece le prime esperienze come operaio. Ne divenne poi presidente nel 1938, in pieno Fascismo.
Adriano si oppose al regime di Mussolini, con parentesi di resistenza attiva.
Partecipò con Carlo Rosselli, Ferruccio Parri, e con il futuro presidente della Repubblica, Sandro Pertini, alla rocambolesca liberazione di Filippo Turati. Adriano era l'autista della macchina che portò Turati, perseguitato dal governo italiano, a Savona, dove fu imbarcato su un motoscafo e portato in Corsica.
Durante la seconda guerra mondiale si rifugiò in Svizzera poiché era considerato dalle autorità come un sovversivo, ma si mantenne comunque in contatto con la Resistenza.

Lorenzo De Bova, Filippo Turati, Carlo Rosselli, Sandro Pertini e Ferruccio Parri in Calvi, Corsica after escaping from Italy, 1926. Source: Wikipedia
Alla caduta del regime, riprese il comando dell'azienda, che portò a diventare la prima compagnia al mondo nel settore dei prodotti per ufficio. Ma soprattutto si concentrò nello sperimentare un modello di produzione industriale che conciliasse il profitto con l'affermazione dei diritti umani e con il concetto di democrazia partecipativa.
Nel 1953 decise di aprire una fabbrica di calcolatrici a Pozzuoli, vicino a Napoli, offrendo salari più alti della media nazionale e varie forme di assistenza alle famiglie degli operai: l'esperimento, accolto inizialmente con scetticismo, si dimostrò vincente: la produttività in questo stabilimento superò quella ottenuta nella fabbrica di Ivrea.
Nel 1956 fu eletto sindaco proprio di Ivrea e nel 1958 ottenne due seggi in Parlamento con il suo Movimento Comunità. Nel 1959 viene nominato presidente dell'Istituto a cui era affidata la gestione della ricostruzione post-bellica in Italia.
Al momento della sua morte, l'azienda era presente su tutti i maggiori mercati globali, con oltre 35 mila dipendenti.
Adriano Olivetti creò un modello di fabbrica unica al mondo, cercando la sintesi tra i due estremi del capitalismo e del comunismo.
E sviluppò il concetto di "felicità collettiva" come forza generatrice di efficienza aziendale. I salari erano più alti che in altre fabbriche italiane e la Olivetti aveva costruito per i suoi lavoratori asili e abitazioni vicino alle fabbriche, con un'attenzione all'estetica degli spazi sviluppati.
I dipendenti avevano accesso a delle biblioteche e, nei periodi di pausa, potevano assistere a concerti o seguire dei dibattiti.

Olivetti HQ, Ivrea 1960. Source: Wikipedia
In più, sul posto di lavoro non c'erano divisioni tangibili tra ingegneri e operai.
La Olivetti impiegava anche artisti, scrittori, disegnatori e addirittura poeti, persone che nelle intenzioni di Olivetti potessero portare creatività e sensibilità.
In quel periodo la Olivetti ha prodotto dei prodigi della tecnica e del design.
Nel 1952 le macchine per scrivere Lettera 22 e Lexikon 80 vennero incluse nella collezione permanente del Museum of Modern Art di New York. Nel 1959 l'Istituto Tecnologico dell'Illinois riunì 100 designer e selezionò la Lettera 22 come il primo dei 100 migliori prodotti di design al mondo del periodo 1859-1959.
E poi nel 1957, tre anni prima della scomparsa di Adriano Olivetti, l'azienda produsse il primo calcolatore al mondo interamente a transistor, l'Elea 9003, prima delle altre aziende internazionali. Adriano Olivetti intraprese il progetto di costruire un calcolatore "tutto italiano" su suggerimento addirittura del grande Enrico Fermi.

Computer Elea 9003 Source: Wikipedia
Chiamò alla guida del team di ingegneri Mario Tchou, geniale ingegnere e informatico, italiano nato a Roma da genitori cinesi, il cui padre lavorava all'interno del consolato della Cina imperiale presso la Santa Sede.
Tra i suoi ingegneri c'era anche Giorgio Perotto, che quattro anni dopo la morte di Angelo Olivetti progetterà Programma 101, il primo esempio di personal computer commerciale.
Programma 101 fu effettivamente completato durante la trattativa per la cessione della Divisione elettronica della Olivetti alla General Electric.
La cessione seguì la morte di Adriano Olivetti, ma anche quella dell'architetto del progetto Elea, Mario Tchou, che perì insieme con il suo autista in un incidente nel 1961, a 37 anni, sull'autostrada Milano-Torino. L'improvvisa morte di Tchou decretò la fine del progetto Elea.

Programma 101, Museo della Scienza e della Tecnologia, Milano. Source: Wikipedia
L'ingegnere Carlo De Benedetti, che nel 1978 diventò presidente di una Olivetti in difficoltà e che contribuì a risollevare negli anni successivi, dichiarò, durante un'intervista alla radio del Sole 24 Ore, che in Olivetti c'era la convinzione che Mario Tchou fosse stato ucciso dai servizi segreti americani, per favorire la IBM nella corsa ai supercomputer.
Ovviamente si tratta di congetture, anche se suggerite da una personalità come De Benedetti. Suggestioni che ricordano la fine di un gigante dell'industria italiana, Enrico Mattei. Un altro uomo che aveva portato l'Italia ai vertici dell'economia globale e la cui morte rappresentò la fine del sogno di un paese forte tra le potenze mondiali.
Ma anche se la storia della Olivetti è una delle storie di occasioni mancate per l'Italia, in realtà non tutto andò perduto, almeno per il progresso della società umana.
Il 20 luglio del 1969, la NASA portò a termine con successo la missione spaziale Apollo 11, che per prima permise all'uomo di mettere piede sulla luna.
Per progettare quella missione, la NASA si avvalse delle più avanzate tecnologie esistenti, tra cui 10 computer Programma 101, progettati in un piccolo paese chiamato Ivrea, in provincia di Torino.