“La gente guarda il migrante che esce e fa un giretto per respirare”

Migrants sit on Piazza dell'Aracoeli in central Rome on March 19, 2020, during the country's lockdown aimed at stopping the spread of the COVID-19 (new coronavirus) pandemic

Source: VINCENZO PINTO/AFP via Getty Images

Non arrivano più i migranti sulle coste italiane da quando il COVID-19 ha colpito il paese, ma nonostante ciò non ci si può dimenticare che sono più di 85 mila coloro che in Italia già ci vivono.


Secondo i dati aggiornati dal Dipartimento della Pubblica sicurezza il 1 Aprile 2020 il numero di migranti sbarcati è pari a zero. Ma migliaia di persone sono già in Italia da tempo, e la maggior parte si trova proprio in Lombardia, ovvero nell’epicentro del coronavirus. Sono distribuiti tra centri di accoglienza straordinaria (CAS), ed inseriti all'interno del sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati (SIPROIMI).

Ma che cosa significa essere un migrante, un richiedente asilo o un rifugiato ai tempi del coronavirus? Che impatto sta avendo su di loro l'emergenza in Italia? Nella maggior parte dei casi queste persone vivono in strutture di accoglienza in cui alloggiano in camerate insieme a decine di persone, situazione non ideale vista l’alta contagiosità del virus.

Massimiliano Giacomello è il responsabile dell’area accoglienza del Consorzio Comunità Brianza, una rete di cooperative sparse nel cuore della Lombardia. Il consorzio dispone di diverse strutture per accogliere i migranti, ci sono appartamenti che ad esempio sono condivisi da cinque persone, “ed in questo caso gli ospiti sembrano piuttosto tranquilli riguardo alla situazione”, ha spiegato Giacomello ai microfoni di SBS Italian “ma per quanto riguarda i grossi centri invece la paura e l’ansia stanno iniziando a salire. Credo un po’ perché vedono che le cose succedono.”

Nelle scorse settimane gli ospiti di una delle strutture del consorzio, la più grande e popolosa, sono stati testimoni del primo caso di coronavirus. “La persona è stata messa in ambulanza e portata via, quindi hanno visto” ha spiegato Giacomello, ma soprattutto i numeri del coronavirus sono in aumento anche in molti paesi dell’Africa, e questo li ha consapevolizzati ancora di più "se prima il racconto era solo mio adesso è anche loro e di amici loro”.

Vivere in un piccolo paesino di provincia

La gente è guardinga ovunque, ed è naturale che la paura aumenti quando ci sentiamo minacciati, soprattutto quando il nemico è un virus invisibile, ma come sottolinea Giacomello la situazione “nei piccoli centri è peggio”. Il caso scoppiato nella struttura d’accoglienza di Camparada ha fatto emergere ancora di più le problematiche legate alla paura e al sospetto che circonda i migranti. A Milano le persone si lamentano di quelli che vanno a farsi una corsa spiega ancora Giacomello, ma nel “piccolo paese della Brianza dove c’è un centro di accoglienza guardano il migrante che esce e fa un giretto per respirare”.

Si fa tutto quel che si può per mantenere anche questa fetta della popolazione a salvo dal COVID-19. Attraverso campagne informative soprattutto, ma anche mantenendo costantemente i contatti con le Agenzie di Tutela della Salute (ATS). “Noi come operatori, dovendo restare il più possibile a lavorare a casa, utilizziamo il telefono” per comunicare con gli ospiti delle strutture che fanno parte della rete, spiega Giacomello, “tutti i giorni chiamiamo tutte le persone accolte per sapere come stanno, che cosa fanno se sono usciti e se sì, perché”.

Ma nelle grandi strutture la difficoltà di mantenere tutti al sicuro aumenta, visto che gli spazi sono condivisi ed i più "fortunati" continuano a lavorare. Alcuni di loro infatti sono tra le poche persone che ancora si vedono sfrecciare per le vie delle città facendo consegne a domicilio, “quindi sono sempre in giro, e sempre in regola con il decreto ministeriale", sottolinea Giacomello.

Il problema si pone per coloro con cui condividono la stanza, che invece non escono mai e si lamentano, spiega il responsabile della struttura, "e vengono a dirti: io sto attento ma lui esce mentre io non esco mai, quindi cosa succede?"

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