A un anno dall'invasione russa dell'Ucraina, è impossibile tracciare un bilancio preciso delle vittime e dei danni materiali ed economici provocati dalla guerra.
Secondo le Nazioni Unite sono però circa 15 milioni le persone che a causa del conflitto sono state costrette ad abbandonare le loro abitazioni.
Di queste, 7 milioni e mezzo hanno lasciato il Paese, mentre circa altrettanti civili sono classificati come internally displaced, sono cioè rifugiati rimasti in Ucraina e che spesso vivono in strutture di emergenza allestite in luoghi relativamente sicuri.

Un centro di accoglienza per profughi ucraini Source: AP / Michal Dyjuk/AP
"Abbiamo una clinica mobile, una piccola ambulanza, nella quale offriamo servizi di assistenza medica e psicologica ai rifugiati", racconta a SBS Italian la dottoressa Bianca Ghiselli, responsabile dei servizi di salute mentale di Medici per i Diritti Umani.
"La guerra ha creato un disagio a tutti anche sul piano finanziario, quindi le persone spesso non possono neanche permettersi i farmaci".

Bianca Ghiselli al lavoro con bambini e anziani nel centro di accoglienza per rifugiati di Černivci, in Ucraina
"Ci sono persone che hanno perso tutto quello che avevano, mariti che hanno perso le moglie, madri che hanno perso i bambini o i cui figli sono in battaglia".
Le madri dei soldati vivono in attesa degli squilli dei loro figli dal fronte. I militari non possono parlare, ma comunicano così che sono ancora in vitaBianca Ghiselli, psicologa di MEDU in Ucraina
"Alcuni civili hanno vissuto a lungo nei rifugi antiaerei al freddo e in condizioni di stress fisico e psicologico, e per questo si sono ammalati. E poi c'è chi ha perso la vita a causa della fatica nel corpo e nell'anima, che per qualcuno è stata insostenibile".
"In queste circostanze, le persone hanno bisogno di parlare tra di loro, di confrontarsi, di scambiarsi opinioni e informazioni e di capire cosa sta succedendo, per non sprofondare in un pensiero intrusivo e depressivo costante".
“È facile perdersi quando non si può pensare ad altro che alla guerra, e qui in Ucraina non si può pensare ad altro. Per questo è importante che i rifugiati si sfoghino”.
"I bambini, per esempio, riescono con facilità ad esprimere la rabbia, ma fanno fatica a rappresentare la gioia".
L'assenza di prospettiva futura crea una frammentazione emotiva
"Queste persone sognano la libertà, di riprendersi la loro vita, la loro quotidianità, il loro lavoro, le loro case".
"Una donna mi ha rivelato che il suo più grande desiderio è quello di poter rientrare nella sua cucina, accendere la radio e ascoltare la musica a tutto volume", conclude Bianca Ghiselli.

Un'immagine del centro di accoglienza di Cernivci