Una lettera del governo americano a Israele, che minacciava di sospendere una parte delle forniture militari in assenza di un miglioramento significativo della situazione umanitaria nella Striscia di Gaza entro trenta giorni, ha sbloccato la situazione.
Tre giorni dopo l’invio di questa lettera da parte dell’amministrazione statunitense, nel nord della Striscia sono giunti i primi aiuti.
Ma intanto sono proseguiti gli attacchi aerei verso il Libano e la tensione con l'Iran non accenna a diminuire, con voci insistenti di un imminente attacco israeliano.
Di tutto questo abbiamo parlato con il corrispondente dal Medio Oriente Michele Giorgio, che abbiamo raggiunto telefonicamente a Gerusalemme poco prima dell'inizio del programma.
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"Secondo alcune notizie, Israele inizialmente aveva intenzione di colpire con particolare durezza il territorio iraniano e colpire anche le centrali atomiche dell'Iran e le infrastrutture petrolifere, provocando dei danni gravissimi", commenta Michele Giorgio.
"Ma nel frattempo i giorni sono passati e sono sopraggiunte le pressioni degli Stati Uniti che non vogliono un'escalation regionale - una guerra aperta nella regione tra Israele e Iran che finirebbe per coinvolgere altri attori sulla scena medio orientale e probabilmente anche gli Stati Uniti, che hanno sempre detto comunque che difenderanno Israele", aggiunge.
E poi ci sono le preoccupazioni delle petromonarchie - le monarchie del Golfo - che non vogliono affatto una guerra, spiega Giorgio, "anche perché temono che l'Iran potrebbe rivolgere le sue armi anche contro di loro che ospitano basi americane e alcuni di questi Paesi hanno anche rapporti di amicizia e rapporti di pace con Israele".