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“Detta così può sembrare che ci fosse un piccolo problema di egocentrismo... la verità è che, essendo io un’artista di nicchia, diciamo così, ho la fortuna di confrontarmi col mondo dell’industria musicale con una certa libertà, sfogando nella musica e in tutto quello che faccio i miei desideri più reconditi e nascosti, quindi mi sento di avventurarmi in questi progetti anche in solo. La musica mi aiuta a vivere, di sfogare quella pentola a pressione dell’ansia che ho, mi aiuta anche a capire delle cose che in un altro modo non capirei. Mi sono dunque sentita libera di esprimermi anche in terreni su cui sono neofita come quello della produzione e dell’arrangiamento. Insomma, questo disco se non piace è demerito mio e se piace è merito mio. Parla molto di me e delle cose che amo.”
Questo album ha una caratteristica preziosa e rara, almeno per quanto riguarda la musica italiana: è un disco allo stesso tempo minimale e pieno di colori, avete lavorato agli arrangiamenti riempiendo tutti gli spazi con pochissima roba. A me ricorda la splendida Saint Vincent, anzi potrei lanciarmi dicendo che se Saint Vincent fosse stata una pianista avrebbe fatto questo disco.
“Hai azzeccato in pieno, adoro Saint Vincent, per me è un faro. Sono in generale attaccata alla musica anglofona, ad esempio mi è piaciuto molto anche l’ultimo di Fiona Apple. Sì, la sfida era un po’ portare le influenze di queste grandissime artiste in un album in italiano, un’operazione piuttosto rischiosa. Come dici tu, l’album è al contempo molto asciutto e colorato. Non percepisci, magari, la difficoltà della scrittura. Il mio obbiettivo era fare un lavoro godibile per tutti, esperti e non.
Da artista donna, cosa pensi della mancanza di parità e di opportunità tra uomo e donna nella musica?
“Secondo me è importante parlarne, tant’è che sto scrivendo una tesi che si intitola “Storia delle donne nella scrittura di canzone”, perché mi sto laureando in Lettere alla Magistrale. Io credo che i punti di vista su questo argomento si dividano abbastanza nettamente, c’è chi sostiene che il problema sia minore e che bisognerebbe accettare che ci sia un po’ di disuguaglianza numerica, e questo pensiero vede di malocchio tutte quelle rassegne di cantautrici che cercano di sostenersi l’una con l’altra perché si ha questo pregiudizio che le donne debbano necessariamente gareggiare tra di loro per emergere. Invece io penso che ci sia una questione di genere, ma non voglio che questa cosa diventi un alibi per piangersi addosso e dirsi: “ecco vedi, il mio disco non lo ascolta nessuno perché sono una donna”. Ci sono tantissime artiste che sono emerse ad alti livelli grazie alle loro grandi qualità, non solo musicali ma anche di intelligenza mediatica. È quindi possibile fare bene ed imporsi, essendo donna.”

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