Qualche anno fa il CEO di Tesla, Elon Musk, aveva promesso con la sua agenzia SpaceX di conquistare Marte, con i primi lanci per raggiungere il pianeta Rosso previsti addirittura nel 2022.
Fu l'inizio di una vera e propria corsa allo spazio, con diverse start-up nate e poi defunte e una copertura mediatica ossessiva.
I paletti della missione però inevitabilmente si sono spostati sempre più in là e la febbre della conquista del sistema solare sembra essersi affievolita per il grande pubblico.
Ma non per per Valentina Sumini, "space architect" al Massachusetts Institute of Technology (MIT), dove si occupa di architettura dello spazio. Spazio inteso sia in senso fisico sia come tutto ciò che è al di là dell'atmosfera terrestre.
Valentina si occupa infatti di ipotizzare, creare e testare ciò che potrà servire in futuro alla colonizzazione dello spazio, progettando gli habitat per gli astronauti o per terreni considerati estremi sulla Terra.
E se il sogno di Musk di portare uomini e donne su Marte è per ora impossibile, in futuro non sarà così.
Le problematiche però sono enormi: forti radiazioni, comunicazioni ritardate, un lungo viaggio in un ambiente ristretto e problemi psicologici potenziali per l'equipaggio.
Come affronta allora queste sfide una "space architect"?