“Il pubblico è sempre stato la mia forza”: l’avventura teatrale di Annibale Migliucci

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Credit: courtesy of Annibale Migliucci

Annibale Migliucci ripercorre l’infanzia segnata dalla guerra, l’emigrazione con la famiglia nel 1969 e i primi lavori in Australia. “Finché non ho trovato la mia strada nel teatro”.


La vita di Annibale Migliucci attraversa l’Italia del dopoguerra e il coraggio dell’emigrazione fino ad approdare sul palco di Sydney.

Nato in una famiglia numerosa – sei figli e una madre rimasta vedova a soli 38 anni – ha conosciuto presto la fatica e la responsabilità. “Quando mio padre è morto, io avevo 13 anni, la più piccola solo un anno. Senza soldi, senza casa, abbiamo fatto la vita da poveretti. Ma da ragazzo ho cominciato a lavorare e ci siamo tirati su. Ho fatto anche il maestro di tennis e guadagnavo anche bene. Poi a 20 anni ho trovato lavoro in una ditta tessile a Prato”, racconta Annibale a SBS Italian.

Clicca il tasto "play" in alto per ascoltare la prima parte della vita di Annibale Migliucci

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Negli anni Sessanta, la scelta di lasciare l’Italia è maturata in un contesto politico e familiare: “C’era la lotta tra democrazia cristiana e comunismo, io sono sempre stato anticomunista. E mia moglie era fuggita dalla Jugoslavia di Tito. Così abbiamo deciso di partire, con due bambini piccoli”.

Dopo aver scartato l’ipotesi Sudafrica, su consiglio di connazionali incontrati all’ambasciata, la destinazione fu l’Australia. “Non sapevo nemmeno dove fosse. Ma all’ambasciata australiana ho avuto una buona impressione. Tornato a casa dissi a mia moglie: ‘che fai, andiamo in Australia?’. Lei rispose: ‘boh, andiamo’. E così a giugno del ’69 siamo arrivati a Sydney. Ci hanno portati a Villawood: pensavo fosse una villa, invece era un centro di accoglienza”.
L’inizio non fu semplice: “Non parlavo inglese, meno male che i figli hanno imparato subito. Mia moglie era più brava di me. Io ho cambiato parecchi lavori, poi ho comprato una piccola impresa di pulizie e l’ho portata avanti fino alla morte di mia moglie, nel ’94”.

Da lì, una svolta inattesa: il teatro. “Da ragazzo mi piaceva, ma pensavo di avere una voce da gallinaccio spennato. Poi, sentendo Marlon Brando in inglese, ho capito che non conta la voce, conta come interpreti. E ho cominciato. A Sydney abbiamo portato in scena il Gianni Schicchi di Puccini, trasformato in prosa. Alla prima c’erano mille persone: un successo incredibile”.
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Credit: courtesy of Annibale Migliucci
Per oltre vent’anni, Migliucci ha diretto e recitato nella compagnia teatrale italiana, scegliendo testi di Goldoni, Benelli, Dario Fo.

“Io guardavo il pubblico. Se sentivo dagli sguardi che eravamo bravi, quella era la vera soddisfazione. Non mi interessavano le critiche. Il teatro è stato la mia seconda vita”.

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