Costruire una città dopo un conflitto non significa solo ricostruire case, strade, infrastrutture. Significa anche dare forma a una visione condivisa del futuro, riattivare legami sociali, immaginare modelli urbani diversi da quelli che hanno preceduto la distruzione.
È in questa ottica che lavora la Urbicide Task Force, gruppo di ricerca dell’Università IUAV di Venezia, impegnata da quasi un decennio a studiare la distruzione delle città e a progettare strategie per la loro rinascita.
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"Noi quasi 10 anni fa abbiamo cominciato a fare ricerca sul tema della distruzione della città", racconta Jacopo Galli, professore associato di composizione architettonica e urbana al microfono di Jolanda Pupillo.

Jacopo Galli, Professore Associato Università Iuav di Venezia Credit: Luca Pilot
Il lavoro della task force veneziana si è sviluppato in diverse aree del mondo, dalla Palestina all’Iraq, dall’Ucraina alla Siria, dove è in corso un’attività di collaborazione con le autorità locali per fornire strumenti concettuali e operativi alla ricostruzione.
Non si tratta solo di progetti architettonici: "cerchiamo non di costruire progetti, ma di costruire saperi e di costruire strategie che possono porsi come ipotesi per le ricostruzioni". La Siria, con la sua storia complessa e le sue ferite profonde, è oggi al centro di una fase di transizione cruciale.
"La Siria è un Paese di enormi possibilità, di enormi chance, viene da una dittatura che è durata quasi cinquant’anni e quindi i trova in un momento di enorme speranza", sottolinea Galli.
La sfida è duplice: da un lato rispondere ai bisogni urgenti - l’arrivo, nei prossimi mesi, di centinaia di migliaia di persone rientrate dopo anni di esilio - e dall’altro elaborare una visione di lungo periodo, capace di orientare la trasformazione del territorio siriano per i prossimi decenni.
Un elemento centrale del metodo proposto dalla Urbicide Task Force è il lavoro su piccola scala, che consenta un’azione coordinata e concreta. Si punta su "un modello il più possibile decentrato, fatto di pezzi piccoli, che noi chiamiamo cellule urbane [...] in cui si può intervenire con tutti i saperi nello stesso momento".
L’obiettivo è superare le logiche frammentarie che spesso compromettono le ricostruzioni: scuole, abitazioni, impianti idrici o elettrici vengono realizzati senza un piano unitario, con il rischio di inefficienze e sprechi.
Ma forse l’aspetto più ambizioso è il tentativo di immaginare una ricostruzione che non alimenti nuovi conflitti, ma contribuisca a disinnescarli. "Il 90% delle guerre combattute negli ultimi trent'anni sono state combattute in luoghi che già avevano avuto una guerra nei trent'anni precedenti", dice ancora Galli.
E aggiunge: "la guerra è diventata endemica in alcuni luoghi e anche la ricostruzione molto probabilmente gioca un ruolo in questo fatto. L'ipotesi, diciamo, di fondo, è che invece una buona ricostruzione possa in qualche forma minimizzare il conflitto".
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La task force è pronta a tornare a Damasco e a Homs, città simbolo della guerra civile, per avviare i primi progetti pilota. Un lavoro che punta a costruire, ma anche a comprendere.