Ha vinto otto major e il career golden Slam, nella sua bacheca ci sono quattro Australian Open e un oro olimpico, ma Andre Agassi è ricordato soprattutto come il rivoluzionario che a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta ha cambiato il tennis. Eppure non ha la più pallida idea di come giocheranno i suoi nipoti.
"I tennisti diventano sempre più forti, più veloci e crescono in altezza. Ma se poi si guarda a Sampras e Federer, si capisce che l'élite non rispetta quella regola, come se per diventare numeri 1 servisse altro"
Figlio di un ex pugile armeno-iraniano emigrato negli Usa, il 48enne di Las Vegas ha raccontato la sua vita nei dettagli attraverso una bellissima autobiografia. Per due anni e mezzo ha lavorato alla sua stesura assieme al premio Pulitzer J.R. Moheringer. Ma il diretto interessato non l'ha mai riletta, perché - dice - il libro della vita non è mai finito.
"Spero che l'aver condiviso il mio percorso umano possa aiutare qualcuno a comprendere meglio il suo".

Grigor Dimitrov of Bulgaria talks with his coach Andre Agassi during a practice session ahead of the 2019 Australian Open at Melbourne Park Source: Getty Images
"Ho accettato la sua proposta perché è un ragazzo al quale è facile volere bene. Ma anche per il modo in cui mi ha chiesto di aiutarlo, dimostrandomi nei fatti che mi voleva davvero. Non ho potuto tirarmi indietro"
Diversa la parabola con Djokovic. "In campo io ero uno che pensava tanto, mentre Nole si affida molto alle sensazioni. Quando mi ha contattato gli ho detto chiaramente che non pensavo di fare al caso suo. Lui ha insistito, dicendomi che voleva proprio me. La storia ha detto che non era di me che aveva bisogno. Ma ci siamo lasciati senza acredine. Lui sapeva quello di cui aveva bisogno per tornare ad essere Novak. E semplicemente non ero io".
Dal numero 1 il discorso scivola sui suoi avversari di sempre. Murray è all'ultima replica e forse ha un futuro proprio come coach. Ad Agassi, che questa volta è tornato down under anche in qualità di global brand ambassador della Lavazza, chiedo quali tra gli altri Fab 4 vedrebbe bene in panchina. "I grandi coach sono overachievers (chi ottiene più di quanto il suo talento dovrebbe garantirgli ndr). Se giocare a tennis risulta troppo facile, non devono necessariamente pensare né imparare l'arte di risolvere problemi. Certo, poi c'è Federer, che va contro quella logica perché col suo gioco dimostra di avere un quoziente intellettivo tennistico fuori dal comune". Significa forse che per uno che ha vinto tanto quanto Agassi sia impossibile diventare anche un grande allenatore?

Andre Agassi Source: courtesy of Lavazza
"Io sono un overachiever. Vista la mia struttura limitata e i problemi fisici che ho avuto sono uno che ha ottenuto più di quanto madre natura gli avrebbe consentito".
Adesso da allenatore il prossimo ostacolo per il suo Dimitrov si chiama Thomas Fabbiano. Come prepara le partite, l'Agassi-coach? Quanto tempo dedica allo studio dei match? "La cosa più importante per un allenatore è conoscere la testa e il cuore del proprio giocatore, sapere di cosa ha bisogno ma soprattutto di cosa non ha bisogno. Il tennis è uno sport di reazione, nel quale bisogna trovare l'equilibrio tra l'istinto e le informazioni. Troppe informazioni possono essere deleterie".