Erano da poco passate le sette di sera di domenica 14 dicembre 2025 quando Bondi Beach, la spiaggia simbolo di Sydney e dell’Australia, si è trasformata nel teatro del più sanguinoso attentato di matrice antisemita mai avvenuto nel Paese.
Due uomini, padre e figlio, hanno aperto il fuoco contro la comunità ebraica riunita per “Chanukah by the Sea”, uccidendo almeno 16 persone, tra cui una bambina di dieci anni, un cittadino francese e un sopravvissuto all’Olocausto.
Clicca sul tasto "play" in alto per ascoltare l'analisi di Paul Scutti

Il primo ministro Anthony Albanese durante la conferenza stampa di ieri a Canberra Source: AAP / LUKAS COCH/AAPIMAGE
Bondi, ha detto, è il luogo della normalità e della spensieratezza, e proprio per questo l’impatto simbolico della strage è devastante. Parole condivise anche dalla leader dell’opposizione Sussan Ley, che ha parlato di una ferita destinata a restare nell’anima del Paese.
Le persone possono radicalizzarsi nel tempo e le licenze per il porto d'armi non devono essere concesse a vitaAnthony Albanese
Sul piano politico interno, l’attentato ha riacceso un dibattito che in Australia era rimasto sostanzialmente assopito per quasi trent’anni: quello sulle leggi sul porto d’armi.
Ieri il National Cabinet si è riunito d’urgenza e ha trovato un consenso di massima su una serie di misure: limiti più stringenti sul numero e sul tipo di armi possedute, revisioni periodiche delle licenze e l’accelerazione verso un registro nazionale unico delle armi da fuoco. Albanese ha richiamato le riforme introdotte nel 1996, sottolineando però che “le persone possono radicalizzarsi nel tempo” e che le licenze “non devono essere concesse a vita”.
A pesare è anche il fronte internazionale. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha accusato il governo australiano di “debolezza” e di aver contribuito ad alimentare l’antisemitismo, mentre il ministero israeliano della Diaspora è arrivato a dichiarare che “il sangue delle vittime di Bondi è sulle mani del governo australiano”.
Parole durissime che, rendono ancora più difficili rapporti già tesi tra Canberra e Tel Aviv. Anthony Albanese ha evitato lo scontro diretto con il govenro di Israele, limitandosi a un appello all’unità nazionale.
Restano infine gli interrogativi sull’intelligence. Uno dei due attentatori era noto all’ASIO da anni per presunti legami con ambienti jihadisti, ma non era considerato una minaccia imminente, nonostante nel 2025 il livello di allerta terrorismo fosse stato innalzato da “possibile” a “probabile”. Domande che, inevitabilmente, aprono una nuova fase di riflessione nazionale su sicurezza, antisemitismo e coesione sociale.

Un fermo immagine del video nel quale si vede Ahmed Al Ahmed aggredire e disarmare Sajid Akram, uno dei due killer di Bondi beach Source: SIPA USA / Agenzia Fotogramma / ipa-agency.net/Agenzia FotogrammaIPA/Sipa USA




