Mentre il COVID-19 continua a mietere vittime in tutto il mondo, vari Paesi stanno dando risposte diverse all'epidemia che li ha colpiti.
"Si stanno sperimentando molti farmaci", spiega Giovanni Rezza, medico specializzato in malattia preventiva e malattie infettive e dirigente dell'Istituto Superiore di Sanità (Iss).
"La maggior parte delle persone non sviluppa una malattia grave, ci sono molte persone che la superano senza sintomi, persone che hanno sintomi lievi, persone che hanno una polmonite non grave", spiega Rezza. Tuttavia "le persone più anziane o con patologie croniche" sono molto più vulnerabili.
Soo ancora molti gli aspetti oscuri rispetto a questo virus. Non è ancora chiaro ad esempio se una persona guarita dal coronavirus sia immune a successivi contagi, ma intanto si stanno sperimentando in molti Paesi dei vaccini, che si spera possano rivelarsi efficaci. "Il problema dei vaccini è che devono superare varie fasi di sperimentazione umana per dimostrane sicurezza ed efficacia", sottolinea Rezza ai microfoni di SBS Italian, e poi la successiva produzione richiederà comunque tempo.
Ci vogliono almeno tre mesi per vedere gli effetti di una politica di distanziamento sociale
Ogni Paese sta adottando misure diverse. La politica di distanziamento sociale adottata in Italia, dove per ora i contagi e i decessi continuano ad aumentare, richiederà tempo per produrre effetti visibili. "Solo verso la seconda o terza settimana si vedranno i primi effetti. (...) A Codogno, zona del lodigiano che era zona rossa già da tempo, si comincia a vedere una flessione di nuovi casi che farebbe ben sperare", commenta Rezza.
Il problema maggiore è lo stress, l'impatto del virus sul sistema sanitario, se aumenta il numero di casi nello stesso luogo
A proposito della cosiddetta immunità di gregge, invocata in Gran Bretagna nei giorno scorsi, il professor Rezza sottolinea che "la herd immunity si ottiene positivamente quando si vaccina gran parte della popolazione, non quando si lascia che si ammali la gran parte delle persone".
Un rallentamento globale del contagio, conclude Rezza, sarebbe lo scenario migliore, perché eviterebbe il problema maggiore che è "lo stress, l'impatto del virus sul sistema sanitario, se aumenta il numero di casi nello stesso luogo".
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