Tutti i delfini che nuotano nelle acque australiane sono considerati "specie protetta"; alcuni sono molto comuni anche nel resto del mondo, come i delfini dal naso a bottiglia, mentre altri vivono solo in Australia e sono molto meno numerosi.
Fino a qualche anno fa, il biologo marino Daniele Cagnazzi era praticamente l’unico a studiare due specie di delfino endemiche dell'Australia: lo snubfin dolphin (Orcaella heinsohni) e l’Australian humpback dolphin (Sousa sahulensis, conosciuta come Susa Australiana).
“Ero ancora all'Università di Ravenna e ho mandato delle email in giro per il mondo per continuare la ricerca... Il mio sogno come quello di tutti era l'Australia. Mi hanno accettato e dopo il dottorato ho avuto la fortuna di trovare dei finanziamenti perché io ed un collega colombiano eravamo gli unici all'epoca a studiare queste due specie”.
Cagnazzi lavora presso il Marine Ecology Research Centre della Southern Cross Univeristy a Lismore in NSW, ma in questo momento di trova a Yepoon, nel Queensland centrale, per condurre delle ricerche sul campo, che nel caso di uno studio che riguarda i delfini sarebbe forse più corretto definire "al largo".
Le informazioni a disposizione sulle due specie australiane sono molto scarse, ma grazie all’utilizzo di droni i dati che Cagnazzi sta raccogliendo stanno informando nuove scoperte impensabili fino a qualche tempo fa.

Daniele Cagnazzi and his team researching on the snubfin dolphins and the humpback dolphin in Queensland Source: Courtesy of Daniele Cagnazzi
I droni infatti permettono la visione da vicino degli esemplari, mentre prima l’osservazione dalle barche rendeva possibile una raccolta dati solo parziale: “Stiamo facendo ricerche utilizzando droni per ottenere stime sulla lunghezza, sui comportamenti e creare dei modelli di dinamica di popolazione".
"Utilizziamo anche dei microfoni per registrare dei delfini sott'acqua, per capire quali suoni emettono a seconda delle attività nelle quali sono impegnati: quando socializzano, quando si nutrono, quando si muovono...”.
“Sono due specie di delfino costiero, che si trovano quindi anche molto vicini all'essere umano. Tutto quello che accade sulla costa impatta la sopravvivenza di questa specie. La loro sopravvivenza è legata alla qualità dell’ambiente e alla disponibilità di cibo, quindi se la costa viene rovinata ne risentono anche i delfini”, spiega Cagnazzi a SBS Italian.
Queste specie sono quindi delle cartine di tornasole per valutare la qualità dell’ambiente in cui vivono, infatti “possono essere utilizzate per il monitoraggio della qualità dell’ambiente: se ci sono delfini è perché c’è tanto pesce, pensa che un delfino ha bisogno ogni giorno del 6% del suo peso corporeo in cibo”.
“Raccogliamo campioni esterni di pelle che ci permettono di fare analisi genetiche ma anche tossicologiche, che facciamo per capire quanti contaminanti hanno assorbito nel loro corpo e determinare lo stato di salute”.
Sono due specie di delfino costiero, che si trovano quindi anche molto vicini all'essere umano. Tutto quello che accade sulla costa, impatta la sopravvivenza di questa specie
La ricerca sul campo richiede una buona dose di pazienza e duro lavoro: “Le nostre giornate in mare sono molto lunghe, fino a 10 ore tutti i giorni, alzandosi alle 4 o 5 del mattino e tornando alle 5 del pomeriggio con i dati da scaricare e i macchinari da lavare. Fisicamente si sentono, ma possono anche essere particolarmente appaganti”.
I due delfini australiani sono considerati ‘threatened species’, ovvero specie potenzialmente a rischio di estinzione. Sono specie che vivono in popolazioni di 100/150 individui e in aree limitate, e la presenza stessa dell’uomo mette in pericolo gli esemplari di questa specie: “possono rimanere vittima di incidenti con le barche, rimanere impigliati nelle reti, ma anche gli sviluppi edilizi costieri che portano via l’habitat naturale di queste specie sono un problema”.
Infatti, la maggior parte delle specie marine a rischio di estinzione si trova nelle zone costiere, ma come ricorda lo studioso: “La conoscenza è la base per la conservazione”.
In parallelo all'attività di ricerca, Cagnazzi lavora anche con agenzie governative come il parco marino della Grande Barriera Corallina o il Queensland Park and Wildlife Service per promuovere l’educazione e far capire come contribuire alla conservazione delle specie in pericolo.
Possono rimanere vittima di incidenti con le barche, rimanere impigliati nelle reti, ma anche gli sviluppi edilizi costieri che portano via l’habitat naturale di queste specie sono un problema
“Ad esempio in molti utilizzano i droni oggi a scopo ricreativo, ma non tutti sanno che balene e delfini in Australia sono protetti sia a livello federale che statale. Se vedi una balena e hai un drone non puoi semplicemente volare sopra l'animale per fare foto; devi mantenere una certa distanza, devi avvicinare l’animale da una certa angolazione e dipende se l’animale è accompagnato da un piccolo”.
Ascolta l'intervista a Daniele Cagnazzi:
Per conoscere le regole generali di osservazione dei cetacei, un buon punto di partenza è il Great Berrier Reef Marine Park Authority che elenca le regole fondamentali per la salvaguardia di balene e delfini e il Queensland Environment Department, ma ogni stato australiano ha le proprie regole da conoscere e osservare.
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