Giovanni, dopo 10 anni di carriera tu ormai sei diventato un punto di riferimento per il cantautorato italiano, critica e colleghi ti apprezzano tantissimo. Di certo non ti si può definire mainstream nonostante i grandi risultati raggiunti: pensi che questa sia la dimensione giusta per te, né troppo né troppo poco? “In realtà non ci penso molto. Cerco di fare le cose più belle che posso fare e, certo, per quanto possibile provo a far crescere il mio lavoro per farlo diventare più conosciuto. Dal punto di vista artistico non mi pongo assolutamente il problema di essere più o meno mainstream. Da un punto di vista più lavorativo certo, spero che la mia musica, così com’è, possa essere ascoltata da più persone possibili. Credo di pormi esattamente come chiunque abbia un’attività e cerca di farla crescere.” In questi anni il tuo nome è circolato tantissimo tra gli appassionati del genere, era un classico sentire qualcuno dire: “Lo conosci Truppi? Ascoltalo!’. Sei consapevole del fatto che questo passaparola puro e genuino ti ha portato davvero tanti estimatori? “Sì, penso di sì. Quest’ultimo disco è uscito per una major (Cinque, Universal, ndr) quindi ha avuto un certo tipo di visibilità, ma prima di allora ho bazzicato in delle realtà indipendenti con supporti stampa piuttosto magri, quindi il passaparola e i live sono stati molto importanti.” La tua formazione musicale, i tuoi punti di riferimento? “Ho ascoltato tante cose diverse e negli anni, guardando le cose che ho fatto finora, non sono state sempre le stesse cose ad influenzarmi. Sicuramente le prime cose che ho ascoltato sono state la canzone napoletana e i grandi cantautori italiani come De André, Lucio Dalla, Franco Battiato e Paolo Conte, che a loro volta sono molto diversi tra loro. Poi ho scoperto i Beatles, sono arrivati il Grunge, il Post Rock, mi sono molto innamorato di due gruppi di Boston, i Karate e i Morphine. Ma soprattutto sono stato molto influenzato da Gianfranco Marziano, che è un cantautore campano che non ha pubblicato niente, ha delle cose online e canta solo in dialetto, ma è stato fondamentale per me. Ho studiato jazz, quindi anche questo ha avuto un ruolo nella mia formazione. E poi da molti anni ascolto anche tanto rap e hip hop.” Com’è il tuo processo creativo? “Il più delle volte parto dai testi, e su quelli comincio a cercare di elaborare una melodia e poi ricavare gli accordi. A volte capita il contrario, parto dalla musica, improvvisando. Altre volte ancora mi accorgo di avere alcune idee separate, di musica e di testo, e mi viene in mente di unirle in qualche modo.” Cinque è l’ultimo lavoro di Giovanni Truppi, che vede la collaborazione di Niccolò Fabi, Brunori Sas, La rappresentante di lista e Calcutta.
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