Oggi sono più di 90.000 i casi di coronavirus nel mondo, sparsi in più di 70 paesi nonostante la maggior parte siano ancora localizzabili in Cina, in particolare nella provincia di Hubei, dove il virus ha avuto origine.
Dei quasi 9000 casi rilevati fuori dalla Cina, l'81% sono concentrati in 4 paesi: Iran, Corea del Sud, Giappone e Italia, dove le persone che risultano positive al virus, secondo i dati aggiornati sul sito del Ministero della Salute il 3 marzo alle 18.00, sono 2263.
I pazienti ricoverati con sintomi sono 1034, mentre 229 sono in terapia intensiva e 1000 si trovano in isolamento domiciliare.
"L'emergenza è ridurre l'incertezza", spiega il professor Marco Lombardi, docente di Sociologia alla Cattolica di Milano ed esperto di gestione del rischio. Ma la comunicazione dell'emergenza coronavirus in Italia non ha rispettato questa regola, e per questo, spiega ancora il professore, è stata "disastrosa".
Secondo Lombardi il problema è stato soprattutto che anche i tecnici e gli scienziati, come normalmente fanno i politici, hanno discusso pubblicamente e con toni accesi le loro differenze di opinione. "Questo non si fa", spiega Lombardi, che invece sottolinea la necessità da parte delle autorità di avere delle linee comuni da seguire.
"Non significa dire qualcosa di falso. Significa, nell'incertezza che c'è, scegliere qual è la linea comune".