La voce dei migranti e la storia di Mamadou Kouassi, dietro le quinte del film "Io capitano"

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Il regista Matteo Garrone insieme a Mamadou Kouassi. Credit: courtesy of Archimede Film

Mamadou Kouassi e la storia dietro "Io Capitano", il film di Matteo Garrone che viene proiettato in questi giorni nelle sale australiane.


Candidato all'Oscar e candidato ai prossimi David di Donatello, il film Io capitano racconta la storia di Seydou e Moussa, due adolescenti che hanno deciso di lasciare l'Africa alla volta dell'Europa.

Come loro Mamadou Kouassi è partito dalla Costa D'Avorio circa quindici anni fa, inseguendo il sogno di diventare un calciatore. La sua vita è andata diversamente e, oltre ad aver ispirato la sceneggiatura del film di Matteo Garrone, Mamadou oggi è un professionista fortemente impegnato nel sociale.

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"L'unica alternativa che avevamo era di affrontare questo viaggio attraversando il deserto. All'inizio non sapevamo che fosse un viaggio durissimo", racconta Mamadou ai microfoni di SBS Italian.

La sua non è stata solo una traversata geografica, ma un percorso interiore e una riflessione profonda sulla condizione umana, sull'immigrazione e sull'integrazione, che il regista Matteo Garrone ha maneggiato con cura e sguardo capace, per farla arrivare fino a noi.
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Matteo Garrone e Mamadou Kouassi Credit: Courtesy of Mamadou Kouassi
"Io credo che il cinema racconti le storie con emozione e le faccia rimanere", continua Mamadou.

Aver partecipato alla stesura della sceneggiatura è stato importante e catartico per Mamadou, che spiega: "all'inizio mi sono arrabbiato di rivedere questa vita che ho vissuto in prima persona, ma andare alla notte degli Oscar è stata una piccola vittoria, non solo per la mia storia, ma anche per rappresentare la voce delle persone che non ce l'hanno fatta".
Il percorso di Mamadou in Italia è stato lungo e difficile e oggi il suo lavoro si concentra sull'aiuto. Lavora come mediatore culturale, cercando di diventare un ponte che possa aiutare ad abbattere le barriere linguistiche, sociali, politiche e culturali che spesso ostacolano il processo di integrazione.

"Parlo francese, inglese, italiano, un po' di napoletano, ma anche dieci dialetti africani, e questo mi ha dato la possibilità di diventare la voce delle persone che approdano in Italia e che parlano le lingue dell'Africa subsahariana".

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