Secondo un nuovo disegno di legge in discussione a Canberra, le aziende Big Tech dovranno concordare pagamenti per i contenuti che appaiono sulle loro piattaforme prodotte da editori ed emittenti locali.
Nei casi in cui non si riesca a trovare un accordo, a decidere sarà un arbitro nominato dal governo australiano.
Si tratta di una mossa per proteggere il giornalismo tradizionale, che dal 2005 ha perso il 75% degli introiti pubblicitari a causa dell’avanzare dei social media e di internet. "Per ogni 100 dollari di pubblicità online, 53 dollari vanno a Google, 28 a Facebook e 19 a terzi”, ha spiegato il ministro del Tesoro Josh Frydenberg.
Si tratta del primo Paese al mondo che cerca di attuare una misura del genere.
"Questa è una riforma enorme e una prima mondiale", ha detto il ministro, "la nostra legislazione contribuirà a garantire che le regole del mondo digitale rispecchino quelle del mondo reale e sosterrà il nostro settore dei media".
“Prima o poi sia Facebook sia Google dovranno accettare che dovranno fare dei pagamenti, per quanto riguarda il successo di questa legge stiamo sperimentando”, ha detto James Panichi, giornalista di Mlex.
“È la prima volta al mondo che si legifera in questo senso. In Francia stanno passando dai diritti d'autore più che nella prospettiva della concorrenza come stiamo facendo qui in Australia”.
Ma quali saranno le conseguenze per i grandi gruppi editoriali, i colossi di internet e per gli utenti?
Ascolta l'intervento di James Panichi:
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