Raffaele De Falco e Laura Multari ci hanno messo dieci anni per concretizzare il sogno di vivere in Australia.
Non hanno rinunciato al progetto di vivere agli antipodi, neppure quando il Dipartimento di Immigrazione ha annullato ben due richieste di sponsorizzazione, con conseguente avviso di lasciare il paese in 14 giorni: “Ci abbiamo sempre creduto, non abbiamo mai mollato”, racconta Raffaele con orgoglio. Ma per la coppia il percorso è stato lungo e tortuoso.
Quando nel 2009 Laura propone a Raffaele un viaggio in Australia, non aveva previsto che l’avventura sarebbe durata una vita, e soprattutto non si aspettava che con Melbourne sarebbe stato amore a prima vista.
“Nel mio passato ho viaggiato molto, lavoravo come assistente di volo”, ha raccontato Laura a SBS Italian, “L’unico paese che non avevo ancora visto era l’Australia e arrivati a Melbourne ci siamo innamorati. Eravamo a Federation Square, ci siamo guardati e ci siamo detti: è qua che vogliamo stare!”
Allo scadere del visto turistico, i due si iscrivono a scuola per migliorare l’inglese. Laura descrive il suo livello come scolastico, Raffaele invece ci scherza su e confessa “nel mio caso, era pessimo”.
Durante gli studi, Raffaele riceve un’offerta di sponsorizzazione come cuoco, “quando ancora esisteva 457”.
Eravamo a Federation Square, ci siamo guardati e ci siamo detti: è qua che vogliamo stare!
Il gioco sembra fatto per i due che in tutta fretta inviano la richiesta al Dipartimento di Immigrazione. Dopo sei mesi di attesa arriva la doccia fredda: il datore di lavoro non ha i requisiti per poter sponsorizzare e il visto viene rifiutato.
L’agente di immigrazione che segue il caso consiglia ai due di fare appello e intanto di tentare la strada di un visto regionale. Così Raffaele e Laura si trasferiscono a Geelong, 75 chilometri a ovest di Melbourne.
Mentre ricominciano, ancora una volta, a guardarsi intorno: “un giorno su internet ho trovato un catering italiano, per eventi e matrimoni. Li ho chiamati e ho messo le cose in chiaro da subito: mi serve lo sponsor!”, racconta Raffaele.
La risposta è positiva e il nuovo datore di lavoro è interessato a sponsorizzare Raffaele. Partono di nuovo le pratiche verso il Dipartimento di Immigrazione, ma ancora una volta il visto viene rifiutato questa volta perché la professione indicata nella richiesta non è nelle liste professionali richieste.
“Non mi scorderò mai quando mi è arrivata la chiamata dell’avvocato, pensavo mi dicesse che era andato tutto bene. Invece mi fa: avete 15 giorni per lasciare il paese...”, ricorda Laura.
Intanto i due scoprono di aspettare un bambino. “In Italia non avevamo dove stare, ma c’è un limite oltre il quale non si può viaggiare se si aspetta un bambino”, così - anche se l’avvocato consiglia loro di fare appello e rimanere in Australia - Raffaele e Laura decidono di tornare in Italia nel febbraio 2012.
I due tornano a Roma, ma, confessa Laura, “avevo il mal d’Australia, nel senso che in Italia non vedevo la possibilità di costruire una famiglia”.
Quando il figlio Daniel compie un anno i due decidono di ritentare la strada dell'Australia, e Raffaele riceve una terza offerta di sposorizzazione, questa volta direttamente dall'Italia, per lavorare come cuoco in un locale di Melbourne.
Raffaele riparte mentre Laura e Daniel rimangono in Italia.
Avevo il mal d’Australia, nel senso che in Italia non vedevo la possibilità di costruire una famiglia
Quando la famiglia si riunisce a Melbourne, nonostante la questione visto fosse risolta, le cose non sono meno complesse. “E’ stata dura, lei doveva stare a casa e io lavoravo sotto sponsor senza uno stipendio idilliaco”.
“In Australia la vita è cara, devi avere un’assicurazione medica se non hai un visto permanente, pagare la scuola e ti costa tanto, però non rimpiango niente, sono molto felice di tutto quello che abbiamo fatto”.
Nel frattempo Daniel è diventato “un piccolo Aussie”, come lo chiama Laura, "in tutto tranne che per il Vegemite”, e lui conferma: “Io amo la Nutella, il Vegemite mi fa schifo!”
“Mi ritengo molto fortunato e sono felice di aver potuto dare a mio figlio due passaporti importanti: uno per l’Oceania e l’altro per l’Europa”.