Alle prese con l'emergenza coronavirus, in Australia anche lo sport dà l'impressione di aver perso la bussola, finendo per applicare con due, ma ben cinque pesi e cinque misure a cinque campionati.
Ha cominciato nel fine settimana scorso la federbasket nazionale, che ha deciso di chiudere anticipatamente - dopo 3 delle 5 partite previste - la serie finale del campionato, decretando il successo (il quarto negli ultimi cinque anni) dei Wildcats. La squadra di Perth era in vantaggio per 2-1 sui Sydney Kings (vincitori della regular season), quando proprio la franchigia del NSW ha chiesto di sospendere la serie di fronte alla minaccia del coronavirus. Così, prima ancora che il governo statale disponesse la chiusura di tutte le attività, i Kings hanno dato il via libera al successo dei Wildcats nel torneo di pallacanestro.
Un provvedimento dettato da una mancanza di linee guida che ha generato una confusione simile a quella vissuta tre settimane fa in Italia, quando una gestione degli eventi sportivi non lineare potrebbe aver contribuito ad accelerare la diffusione del virus in Lombardia e persino in Spagna (sotto accusa la partita di Champions League tra Atalanta e Valencia disputata a Milano il 19 febbraio). Ma quel che soprende dell'Australia è l’approccio schizofrenico alla questione.
Così il campionato dell’AFL è stato inizialmente accorciato a 17 giornate. Dopodiché la lega ha dato il via libera al torneo a porte chiuse, quindi – complice un caso di positività al COVID-19 nello staff di Collingwood e il lockdown a livello nazionale - a conclusione del primo turno l’amministratore delegato della McLachlan ha annunciato la sospensione del campionato di footy fino al 31 maggio. Una decisione che per sua stessa ammissione rischia di innescare la peggiore crisi finanziaria nell'ultracentenaria storia dello sport e che secondo McLachlan potrebbe minacciare l’esistenza stessa dell’AFL.
Dopo aver parlato telefonicamente con i rappresentanti dei club, McLachlan ha affermato che la ripresa dell’attività potrebbe essere posticipata ulteriormente, ma l’obiettivo rimane quello di rispettare gli accordi con le televisioni e disputare altri 144 incontri nel 2020. Se la sospensione e il rinvio del campionato maschile di AFL sembrano in linea con le decisioni delle maggiori leghe europee di calcio, di segno diamentralmente opposto è stata quella di annullare i play off dell’AFLW, il footy femminile, che erano giunti alle semifinali. Con Melbourne, Carlton, North Melbourne e Fremantle (ancora imbattute) in corsa per il quarto titolo nazionale, il campionato è stato per questo definitivamente cancellato.
E se manca una direzione unica all’interno dello stesso sport, le decisioni sono sembrate ancor più incoerenti nel momento in cui l’NRL, la lega di rugby league (quella a 13, nella quale l'Australia è campione del mondo) ha deciso ieri pomeriggio di andare avanti. Il presidente della federazione Peter Vlandys ha affermato che l’intenzione è quella di far proseguire il campionato finché il governo non deciderà di porre fine agli incontri.
Ricapitolando: l’NRL prosegue, l’AFL è sospeso, l’AFL femminile è stato cancellato. E il calcio ha per ora messo la testa sotto la sabbia: una decisione univoca non è stata ancora presa, ma nel fine settimana scorso il campionato si è svolto regolarmente, con alcune partite disputate a porte chiuse, mentre è stato rinviato il match tra Victory e Phoenix perché entrambe le squadre hanno rispettato le norme annunciate 8 giorni fa dal Primo Ministro Scott Morrison e sono rimaste in quarantena.
In tutto questo, il calcio femminile è riuscito in extremis a completare il campionato con la Grand Final disputata sabato all’AAMI Park di Melbourne, dove nel deserto dell'impianto chiuso al pubblico il Melbourne City ha concluso una stagione perfetta battendo il Sydney FC per 1-0 grazie al gol della capitana, Steph Catley.
Sullo sfondo, il dibattito a livello mondiale ruota attorno al destino delle Olimpiadi. Per la prima volta il CIO ha ammesso di aver accolto le istante giunte da più parti e ha annunciato di aver rinviato al prossimo mese una decisione sulla conferma, sul rinvio o sulla cancellazione dei Giochi di Tokyo, previsti tra il 24 luglio e il 9 agosto. L’ipotesi allo studio è quella di un rinvio accompagnata da una versione ridotta della rassegna a cinque cerchi, possibilmente con alcuni eventi ridimensionati e/o chiusi al pubblico. Il nodo non è solo quello dello stato della pandemia nel Sol Levante tra 3 mesi (il Paese è stato uno dei primi in termini temporali colpiti dal covid-19, ma ha registrato solo 54 vittime e la vita è tornata quasi alla normalità) e del controllo degli atleti, ma la preparazione degli stessi.

The Tokyo 2020 Olympic Games displayed on a wall of Tokyo Metropolitan Government headquarters Source: AAP
Negli Stati Uniti e in molte altre parti del mondo sono infatti stati proprio loro a chiedere chiarezza, impossibilitati ad allenarsi correttamente. E mentre dalla squadra di nuoto americana è giunta la richiesta di cancellare i Giochi, l’amministratrice delegata del Comitato Olimpico americano – Sarah Hirschland – ha invitato tutti gli atleti a stelle e strisce a proseguire gli allenamenti, come se le Olimpiadi si dovessero regolarmente disputare tra 100 giorni. Interpellato sull'argomento, Donald Trump ha invece rimandato alle autorità nipponiche l'ultima parola sulla questione.
Infine, la federnuoto australiana ha ammesso che con le piscine chiuse in Italia, Germania, Francia e Olanda la competizione non sarà regolare, ma ha invitato gli atleti a proseguire con gli allenamenti. Mentre il cestista australiano Andrew Bogut - 36enne dei Sydney Kings ed ex campione NBA con Golden State nel 2015 - ha detto che qualsiasi sarà la decisione, lui a Tokyo non andrà.