"Sono nata e cresciuta a Perugia, anche se ho trascorso molti mesi della mia gioventù in Svezia, il Paese di origine di mia madre. Quindi ho vissuto un anno in Kenya, dove ho svolto la mia tesi di laurea, e a Bergen, in Norvegia", racconta Camilla Schippa al microfono di SBS Italian.
"Quando poi ho lavorato per le Nazioni Unite, ho abitato per 15 anni negli Stati Uniti, dove sono nati anche i miei figli. Ma proprio quella vita intensa e quella routine impegnativa mi hanno portato a pensare che fosse meglio farli crescere in un ambiente meno stressante. Così ho accettato una proposta lavorativa arrivata da Sydney".
"Mio padre era un grande sportivo, è anche stato portiere della squadra di calcio di Perugia - racconta Camilla, che oggi è l'amministratore delegato di The Social Outfit, un marchio di moda creato per offrire lavoro alle donne rifugiate e avviarle verso una migliore integrazione in Australia -. Lì, conobbe mia madre - che studiava all'Università per stranieri".
"I miei genitori hanno cresciuto me e mia sorella con il senso dell'avventura e hanno sempre saputo che avremmo lasciato l'Italia. Anzi, in questo senso ci hanno persino incoraggiato. Nonostante questo, hanno sofferto il mio trasferimento in Australia perché la distanza avrebbe impedito loro di godersi i nipoti".
I miei genitori mi hanno sempre consigliato di vivere la vita al massimo, senza timori e senza remoreCamilla Schippa
Camilla fu assunta alle Nazioni Unite alla fine degli anni 90 e si ritrovò a lavorare in un piccolo dipartimento all'interno dell'ufficio di Kofi Annan, allestito per decidere come investire un miliardo di dollari donati da Ted Turner non solo per gli aiuti allo sviluppo, ma anche per cercare di attirare nuove donazioni da privati, dopo che per anni l'ONU aveva accettato solo contributi economici da parte dei governi membri.
"In queste vesti ho assistito al primo incontro tra Kofi Annan e Bill Gates, che poi divenne il più grande e munifico donatore tramite la sua associazione", ricorda Camilla.
1980: Camilla e la sorella al 50mo compleanno del papà
"Ogni volta che incontro qualcuno, mi presento come italiana. Di italiano c'è la mia gestualità, la lingua che parlo coi miei figli, il modo in cui cucino. Ma dalla Scandinavia mi viene l'amore per la natura e per le cose semplici, oltre all'etica del lavoro", racconta.