Le memorie del 25 aprile di un italoaustraliano

An image from Anzac Day 2019.

Source: AAP

Giuseppe Morsanuto, segretario del Circolo Resistenza Sette Fratelli Cervi Victoria, ricorda ai nostri microfoni il suo 25 aprile, vissuto in prima persona quando era ancora un bambino.


Mentre in Australia il 25 aprile si commemora l'Anzac Day,  in Italia il 25 aprile si celebra la Festa della Liberazione d'Italia, ovvero la fine del ventennio fascista e dell’occupazione nazista.

Dal 25 aprile 1945 sono passati oggi 74 anni ma c’è chi, quel giorno, se lo ricorda ancora come se fosse ieri. Come Giuseppe Morsanuto, segretario del Circolo Resistenza Sette Fratelli Cervi Victoria, che oggi ha 80 anni. Giuseppe è nato e cresciuto in Italia, in un piccolo paese nella provincia di Venezia, San Giorgio al Tagliamento, e ricorda ai microfoni di SBS Italian: “era una giornata splendida. Quel giorno, non so, sembrava che il cielo stesse per aprirsi. In un casale si erano riuniti una ventina di musicisti e li vedevi suonare, saltare… era una cosa incredibile la gioia e la contentezza per aver saputo che le forze partigiane avevano firmato il trattato di pace con i tedeschi.”

L'Italia era finalmente libera e gli stessi italiani erano increduli così come Giuseppe, un bambino che nella guerra ci era cresciuto e che a 7 anni assaporava il sapore della libertà per la prima volta quel 25 aprile del 1945: “Quel giorno mi rimarrà in mente tutta la vita. Sembrava impossibile che avessimo la pace. Impossibile che siamo tornati liberi. Era l’euforia del popolo che vedeva la dittatura cacciata una volta per tutte. Che era tornata la pace e la libertà!”
Quel giorno mi rimarrà in mente tutta la vita. Sembrava impossibile che avessimo la pace. Impossibile che siamo tornati liberi.
Courtesy of Giuseppe Morsanuto
Source: Courtesy of Giuseppe Morsanuto
“Il 25 aprile” spiega ai microfoni di SBS Italian il docente di storia contemporanea dell’Università Insubria di Varese, Antonio Maria Orecchia: “significa morte della patria fascista e rinascita dell’Italia repubblicana e democratica. L’Italia della pace.”

Il fascismo è ufficialmente terminato il 25 aprile 1945, dando vita a una festa nazionale che storicamente dovrebbe essere la festa di tutti gli italiani, per celebrare il valore della libertà e della democrazia. "Ma sul 25 aprile” spiega ancora lo storico A.M. Orecchia, “c’è una sorta di competizione della memoria, e per me è grave, perché dovrebbe segnare una sorta di pacificazione”.
Courtesy of Giuseppe Morsanuto
Source: Courtesy of Giuseppe Morsanuto
Del suo 25 aprile Giuseppe Morsanuto ricorda di essere passato, mentre accompagnava il padre a portare un messaggio ai partigiani, da un piccolo paesino vicino al suo, dove nella piazza erano esibiti i corpi di diciotto partigiani, tutti impiccati. “Chiudi gli occhi e non guardare!” gli disse il padre. Ma Giuseppe aveva già visto e quella, come tante altre immagini, è rimasta nella sua memoria per sempre.

La famiglia di Giuseppe era tenuta costantemente sotto controllo, i fascisti sapevano che erano degli informatori dei Partigiani e sostenitori del movimento di Resistenza: “I tedeschi lasciavano i partigiani appesi almeno tre o quattro giorni così la gente vedeva e si impauriva”. Era una minaccia per intimidire il popolo, per non farlo collaborare con i partigiani per paura di fare la stessa fine: “tanti si erano iscritti al partito fascista anche contro la loro volontà, per non avere ripercussioni nella famiglia. Ma tanti no. Tanti hanno sofferto torture, sono morti”, racconta ancora Giuseppe: “era difficile scegliere da che parte stare. Tu hai il tuo ideale. Quello che succede, succede. Se mi ammazzano mi ammazzano, però io non cambio il mio ideale, come hanno fatto i miei genitori.”
Apro lo sportellino e vedo mio padre tutto sanguinante. Sangue sulla faccia, sulle orecchie, sul viso, il corpo. Gli avevano spaccato il cranio, gli avevano rotto l’orecchio. Gli avevano fatto un sacco di danno. Sembrava di vedere una belva. Era in una gabbia, grande, di ferro. Io l’ho chiamato: ‘Papà sono io, sono Giuseppe’ e lui gridò: 'Non voglio vedere nessuno! Non voglio vedere nessuno!'
Giuseppe racconta ai microfoni di SBS Italian che i suoi genitori non si sono mai definiti degli eroi: “hanno dato un contributo alla libertà come tanti altri partigiani”, sia il padre sia la madre. Più volte Giuseppe ricorda infatti di aver visto la mamma infilare nel tubo del sellino della bici un messaggio di un partigiano da portare ad un altro, come facevano le migliaia di staffette partigiane che hanno dato un contributo enorme alla Resistenza portando viveri, munizioni, informazioni ai partigiani. "Senza di loro" ricorda Giuseppe "dobbiamo essere chiari: i partigiani non avrebbero potuto continuare la lotta. Queste ragazze coraggiose hanno dato il più grande contributo alla lotta della liberazione in Italia”.
Dopo più di sessanta anni vissuti in Australia, per Giuseppe e la moglie Ivana, che è la Presidente del Circolo Resistenza Sette Fratelli Cervi Victoria, il 25 aprile è ancora legato all'Italia e simboleggia la liberazione dal fascismo. Ogni anno entrambi partecipano alla tradizionale marcia organizzata per Anzac Day a Melbourne, per ricordare l’importanza della pace e della libertà. Ma Giuseppe ha detto ai microfoni di SBS Italian: “nel mio cuore il 25 aprile è in Italia, è la liberazione, anche se allo stesso tempo ricordiamo quei poveri ragazzi (australiani) che sono caduti a Gallipoli”. 

Il 25 aprile è una data che simboleggia la pace e la rinascita dell’Italia democratica, che si è succeduta al Ventennio fascista e all'occupazione nazista. Ma alla luce dei tanti fatti di cronaca riportati oggi dai media italiani, che raccontano notizie di continui atti razzismo e xenofobia nel paese, possiamo dire che il fascismo in Italia è davvero morto?

Secondo lo storico A.M. Orecchia il fascismo nella forma più tradizionale non esiste più, ma nelle società democratiche delle seconda metà del novecento la sua eredità sta assumendo forme diverse: “è chiaro che non ci sono più gli atteggiamenti del Duce o dei grandi gerarchi dell’epoca. Nel fascismo del Ventunesimo secolo ci sono una serie di atteggiamenti, di temi e di pensiero che certamente forzano moltissimo il concetto di democrazia con un atteggiamento di chiusura che si può trasformare in atteggiamento di superiorità di un paese o un popolo nel rispetto degli altri”.

Per ascoltare l’intervista integrale con il lo storico A.M. Orecchia clicca qui.

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